La storia del monumento di Pietrasanta

Il monumento di Campo de’ fiori non è l’unico ad aver una storia da raccontare. Oggi vi racconto quella del monumento inaugurato a Pietrasanta, il 19 maggio 1909 e degli avvenimenti che lo accompagnarono. Devo ringraziare per questa ricostruzione Cinzia Bibolotti, discendente dell’autore della scultura Antonio Bozzano, che ne ha finanziato personalmente il restauro nel 1998 e mi ha gentilmente fornito il materiale per questo articolo.

L’incarico di realizzare l’opera era stato affidato ad Antonio Bozzano, docente di scultura al locale Istituto d’Arte “Stagio Stagi”. In questi termini, accettando la proposta, lo scultore rispondeva a Giuseppe Parma 13 novembre del 1908:

“Ebbi la tua graditissima dalla quale sento con piacere che la Commissione incaricata per l’erezione d’un ricordo marmoreo al grande Nolano, Giordano Bruno, ha pensato al mio povero nome, e per questo sento il dovere di ringraziarla anzitutto, come pure te ringrazio, per il voto di stima al quale farò tutto il possibile per non venirne a meno. Onorare i grandi, è opera lodevole di un popolo civile, ma doveroso è onorare i Martiri ed io per questo benché poca cosa, cercherò premere meglio che potrò al mio povero cervello e con tutta la buona volontà e amore che porto all’arte mia procurerò rendermi degno della vostra stima e far sì che la nostra cara e bella Pietrasanta non sia l’ultima nell’onorare i grandi col massimo decoro.”

All’epoca del busto per Giordano Bruno il professor Antonio Bozzano aveva da poco passato i 50 anni. Era nato a Genova nel 1858 e nella città ligure aveva compiuto le prime significative esperienze artistiche. Nel 1883, per una manifestazione in solidarietà con le vittime del terremoto di Casamicciola realizzò in gesso una raffigurazione della “Beneficenza” che gli procurò una medaglia d’argento. Altri riconoscimenti li ebbe per i lavori allestiti per le celebrazioni colombiane. Ma i lavori più interessanti di questo suo periodo si trovano al Cimitero di Staglieno, dove collocò i monumenti funebri per il marchese Giovan Battista Monticelli, per le famiglie Defornari, Callegari e per la marchesa Anna Pizzorno Zoagli.

La sua presenza in Versilia data dal 1893 quando assunse l’incarico di insegnante di scultura allo “Stagio Stagi” di Pietrasanta. Da allora per quasi quaranta anni Bozzano è stato la guida effettiva del gusto e della sensibilità di generazioni di artisti che si sono formati nella scuola pietrasantina. Ma il suo magistero veniva ed andava più nel profondo: coinvolgeva la maturazione ideale degli allievi che avevano in Bozzano una sorta di padre spirituale. Così, ad un anno dalla sua morte, avvenuta nel 1939, lo scultore veniva ricordato:

“Antonio Bozzano fu veramente un Maestro, poiché esercitò sempre l’opera sua, nella scuola e nel suo studio, in una continua e feconda comunione spirituale coi suoi discepoli; a cui fu sempre prodigo, con cuore generoso e paterno, di incoraggiamenti, di consigli, di guida, di aiuti. Lavoratore indefesso. Sereno, umile, cortese, umanissimo; ossequiente al dovere ed agli impegni, comunque assunti, fino allo scrupolo; e in modo speciale buono, di una bontà effusiva e insieme creativa, la quale gli balenava nella mitezza e nella chiarità dello sguardo; nel sorriso aperto e gioviale, e si rivelava nella dolcezza della parola e nella probità delle opere. Chi lo avvicinava, sentiva subito il calore della di lui anima di fiamma, e ne era preso, toccato nel profondo. Nella Grecia antica si vide nel Maestro il tipo ideale di una vita più vicina a quella di Dio che a quella degli uomini. Antonio Bozzano merita di essere, come Maestro inquadrato e veduto in questa luce.”

Bozzano non deluse i committenti. Il suo busto di Giordano Bruno, che si ergeva indenne dalle fiamme del rogo, dava un’efficace raffigurazione all’intensità del dramma vissuto dal frate nolano. Il volto pensoso attraversato dalla sofferenza era reso di una coinvolgente dolcezza dallo sguardo rivolto al tempo a venire. I tempi, questo il significato dell’intervento di Bozzano che sapeva così raccordarsi ai sentimenti dei promotori, avrebbero assegnato la vittoria a Bruno sui suoi carnefici. Quei tempi, così almeno lo intendevano i liberi pensatori, finalmente erano maturati. Ettore Ferrari, Gran Maestro della Massoneria italiana, autore del Giordano Bruno eretto nel 1889 in Campo de’ Fiori, giudicò il lavoro di Bozzano “bello di linea, di espressione e di modellatura”. Ci pensò Pietro Gori, il bardo dell’anarchia, a trovare le parole adatte per tradurre il senso dell’opera dello scultore pietrasantino.

   

Dalle cronache del tempo abbiamo i resoconti della manifestazione per l’inaugurazione del monumento. Fortemente polemica la stampa cattolica che si scagliò contro l’iniziativa pietrasantina.

“L’Eco versiliese”, portavoce di questi ambienti, arrivò a definire Giordano Bruno “lacché de l’infame Isabella (…) baciascarpe dei grandi, disprezzatore degli umili, incensatore dei tiranni” che aveva come unico merito quello di “essere stato porco e aver tradito i suoi doveri e la sua religione”. Per settimane quel giornale continuò ad occuparsi della questione e per sostenere le sue posizioni utilizzò anche un articolo di Luigi Salvatori, la guida dell’estrema socialista versiliese, che si era mostrato assai freddo nei confronti del monumento. Una qualche soddisfazione il giornale l’aveva provata quando aveva saputo che il monumento a Bruno non sarebbe stato eretto nella piazza principale di Pietrasanta, sulla quale si affacciava il Duomo, ma le sue preoccupazioni per il significato e le conseguenze dell’iniziativa dei liberi pensatori non diminuivano. Da questi timori nasceva l’appello rivolto al buon popolo versiliese a non lasciarsi abbagliare dai nuovi idoli ed a riflettere bene “avanti di rinunciare ai santi vecchi e benefichi.”

Dal canto loro i promotori del monumento facevano di tutto per alimentare queste paure. Nel numero unico che venne diffuso il giorno dell’inaugurazione scrivevano:

“Il nostro scopo è quello di far progredire l’umanità che, per tanti secoli, schiava della superstizione religiosa, ha subito il giogo dei tiranni e dei preti di tutte le religioni. È logico che le forze contrarie a questo progresso resistano accanitamente, ma dovranno cedere e quanto più lavoreremo, quanto più combatteremo, più presto cederanno. La nostra bandiera, su cui è scritto a caratteri indelebili, ad infamia dei suoi carnefici il nome di Giordano Bruno, è spiegata completamente e il nostro dovere, finché la chiesa avrà quella preponderanza perniciosa al progresso dell’umanità, è di tenerla tale. Ed è appunto nel nome di Giordano Bruno, erigendogli un busto, che Pietrasanta si afferma anticlericale. Egli è leggendario nel po-polo, è il martire più nobile della scienza e del pensiero e glorificarlo indica maledire la chiesa che lo fece ardere, è affermare la nostra libera coscienza di anticlericali ed è anche un ammonimento per l’avvenire. (…) Il busto di Giordano Bruno, a cui le nuove generazioni si ispireranno a propositi virili, a concetti grandi e sublimi da cui impareranno a non implorare nessun idolo, ma ad aver fiducia in loro stesse, dica al passeggero venuto in questa cittadina che Pietrasanta si è mantenuta fedele al suo Gran Figlio: Giosuè Carducci.”

 
 

L’ampia cronaca ospitata dal “Versilia Nova” organo dei socialisti di quella regione, riesce a farci intendere il clima di quella giornata vissuta da molti degli intervenuti con una forte partecipazione emozionale. Un corteo, aperto dalla filarmonica cittadina, composto dai rappresentanti delle associazioni popolari con bandiere e gonfaloni, percorse le vie di Pietrasanta ed andò alla stazione ad accogliere i compagni che arrivavano con treni provenienti da Pisa e da Genova. Anche loro portavano insegne e stendardi. Dalla stazione il corteo, visibilmente ingrossato, si diresse alla piazza della Giudea, dove, in una parete di casa Tonacchera, era stato collocato il monumento.

Pietrasanta, lo affermava il cronista del “Versilia Nova”, “mai come in questo giorno vide riuniti per una così grande e solenne manifestazione civile, tanti rappresentanti della democrazia italiana, convenuti qua non solo (ne sia certo il compagno Salvatori) per commemorare G. Bruno, poiché noi con l’erezione del monumento ad una delle tante vittime della Chiesa cattolica, abbiamo inteso scolpire nel marmo l’idea nostra, ribelle ad ogni e qualunque imposizione dogmatica.

Raggiunto il luogo della cerimonia “le innumerevoli bandiere, disposte in semicerchio ondeggiavano: la musica intonò l’inno di Garibaldi ed il popolo acclamò. Viva Giordano Bruno… Questo grido partito da mille petti fu una protesta contro la monarchia italiana, dimentica delle sue più nobili tradizioni e un monito per il governo prostituito al Vaticano”. Allora, “illuminata dal sole di Maggio, la figura del ribello Nolano si presentò nell’imponenza della sua fierezza”

Cominciò poi la serie dei discorsi. Aprì Tonacchera, che lesse anche le adesioni pervenute e proseguì l’on. Otello Masini, che tenne l’orazione ufficiale della mattinata. Agli intervenuti furono vendute le cartoline e le medaglie, realizzate su disegni di Antonio Bozzano ed il numero unico “A Bruno la Versilia” che, assieme a brani dei vari campioni del libero pensiero ed a messaggi di circostanza, presentava scritti del socialista lunigianese Luigi Campolonghi, dell’anarchico pisano Gino Del Guasta, di Alcide Sarti, una poesia del falegname Santini che concludeva così: “L’Itala razza abbatte i romani furori/E leva il grido: Gloria all’immortal Giordano!”

   

Al pomeriggio in Sant’Agostino “assolutamente stipato di gente” altri discorsi: del pubblicista Mori di Carrara e dell’avvocato Francesco Bianchi di Lucca. Dotato di un’oratoria immaginifica, era specializzato in commemorazioni dei vari martiri del libero pensiero. Parlò, per circa un’ora “fra l’attenzione di qualche migliaio di persone illustrando minutamente la vita del filosofo, suscitando infine un uragano d’applausi”. Dal Sant’Agostino nuova sfilata verso la stazione per accompagnare gli intervenuti, e da qui alla sezione del Libero Pensiero. Ma la giornata non era conclusa: in piazza Umberto la filarmonica cittadina volle onorare l’avvenimento eseguendo “uno dei suoi migliori programmi.”

Raccogliendo e valutando gli elementi forniti dalle cronache è possibile trovare conferma dell’importanza dell’avvenimento. Per ricostruire non solo la storia politica, ma anche il processo di formazione della mentalità della Versilia di inizio secolo non si può evitare il monumento a Giordano Bruno. Proprio il carattere che la manifestazione assunse la qualifica come una di quelle vicende che condensano motivi e suggestioni che appartengono alla elaborazione del senso della vita, alla maturazione di un orizzonte culturale e ideale, alla formazione dell’immaginario di singoli come della comunità.

Già da qualche nome che è stato citato abbiamo l’indizio del circuito attivato dall’iniziativa, che vide il concorso ed il sostegno degli esponenti dell’inquietudine e della protesta sociale e politica dell’area apuo-tirrenica.Con Luigi Campolonghi e Vico Fiaschi entriamo nella “catena” che conduce alla ceccardiana “Repubblica d’Apua”: il mito della “terra dei liberi e forti” dalla quale verrà una nuova primavera del mondo. Sulla stessa lunghezza d’onda veleggiava l’anarchico pisano Del Guasta, che già nel 1907, commemorando Carducci, si era fatto apprezzare a Pietrasanta, per la celebrazione in chiave prometeica dei lavoratori del marmo. Adesso, nello scritto che appariva sul numero unico, dava un altro saggio della sua propensione profetica. Invitava i “compagni di Pietrasanta” ” a baciare per lui la fronte turrita dell’Eroe che portò il sanguinante serto del martirio. (…) Non vedete come scruta con gli occhi aquilini il mare lontano e scintillante, caro a Shelley, dove sorgerà l’imminente sole della resurrezione sociale? (…) Prendete i vostri scalpelli, o artefici che infondete nella creta col fremito digitale gli spiriti delle vostre visioni di dolore, di amore e aspirazione, e con l’alato spirito di Bistolfi incidete sull’erma marmorea di G. Bruno la primaverile promessa, contro preti e tiranni – Germinal!”

Una forte emozione anche di origine estetica percorreva la manifestazione. La cerimonia, intesa e vissuta come un rito della nuova fede, si svolgeva attorno ad un’opera d’arte. Il “Libero mondo», il coagulo di tutte le ansie redentrici e rigeneratrici, era insieme esito e celebrazione della vittoria del Bello. Una affermazione che aveva anticipazioni in giornate come quella pietrasantina, tutta pervasa dalla sensazione di “nuovo inizio”. A certificare l’autenticità ed a dare la testimonianza della congiunzione tra passione politica ed impegno artistico provvide Plinio Nomellini, il “pittore del sogno”, che intervenne alla manifestazione per Giordano Bruno e tributò elogi ad Antonio Bozzano per il “riuscitissimo lavoro”.