Curiosità
20 anni di studi bruniani
“Non è nel mio carattere guardare indietro, ma il ritiro forzato che sta mettendo a così dura prova le nostre vite è l’occasione per ripercorrere le tappe di venti anni di fatiche, ma anche di intense soddisfazioni e di crescita intellettuale“
Era il 17 febbraio del 2000. Dopo aver percorso a piedi il tragitto dalle carceri di Tor di Nona a Campo de’ fiori per ricordare il quarto centenario del rogo infame, decisi di scrivere un piccolo opuscolo per celebrare l’evento. Nacque così il mio primo libro “Www Giordano Bruno”, dedicato alla mia esperienza sul web, cominciata due anni prima con la creazione di quello che sarebbe diventato il più importante sito Internet dedicato al Nolano.
Sono passati vent’anni da allora e a quel primo libro ne sono seguiti altri 10, fino ad arrivare alla piccola antologia di aforismi appena pubblicata col titolo di “Scintille di infinito”. Venti anni di studi, di viaggi sulla rotta della peregrinatio del Nolano, di saggi, documentari, convegni, conferenze.
Ad ognuno di questi libri è legata un’emozione, una scoperta biografica, un’intuizione filosofica. Ci vollero cinque anni perché si materializzasse “La coincidenza degli opposti”, frutto di una innovativa riflessione sulle consonanze tra la filosofia Bruniana e le filosofie orientali. Un lavoro che ha aperto agli studi bruniani prospettive ancora inesplorate. L’anno dopo iniziò il ciclo delle traduzioni con le “Due orazioni”, la Valedictoria e la Consolatori, pronunciate da Bruno in Germania nelle due università dove gli fu finalmente concesso di insegnare: Wittenberg e Helmstedt.
La loro realizzazione si accompagnò, come tutte le altre traduzioni da me effettuate, ad una accurata ricerca di atmosfere e informazioni sui luoghi dove esse furono composte. Due anni dopo è la volta del Camoeracensis Acrotismus. “La disputa di Cambrai” è la prima traduzione in assoluto dell’opera, innovativa fin dal titolo, che risolve un’annosa questione interpretativa.
Anche in questo caso la metodologia “on the road” si rivela fruttuosa. Un viaggio a Praga, nella biblioteca del Klementinum, per esaminare una famosa copia originale del libro, donata da Bruno a Tycho Brahe, mi riserva la scoperta di una firma autografa del filosofo fino ad allora sconosciuta. A questo punto si fa strada il progetto di portare a termine tutte le traduzioni dal latino non ancora disponibili. Vedono così la luce nell’ordine, dal 2009 al 2017, “Il dio dei geometri”, la “Somma dei termini metafisici”, “Contro i matematici” e le “Epistole latine”.
“Il dio dei geometri” raccoglie la traduzione completa dei dialoghi realizzati da Bruno durante la tempestosa querelle parigina con il geometra salernitano Fabrizio Mordente, ricostruendo gli antefatti che determinarono la sua precipitosa fuga dalla capitale francese alla volta della Germania.
Le indagini sul periodo tedesco, preparatorie alla traduzione della “Somma dei termini metafisici” dettata da Bruno a Raphael Egli, nel castello di Elgg, tra le montagne zurighesi, mi conducono alla scoperta più importante: i rapporti intrattenuti da Bruno con la confraternita dei Rosacroce.
Il saggio introduttivo “Giordano Bruno in Svizzera tra alchimisti e Rosacroce” diventa subito un classico, che segna una svolta negli studi bruniani, confermando e ampliando l’influenza del Nolano sugli ambienti esoterici e alchimistici fino ai giorni nostri. Quattro anni di lavoro mi costerà la traduzione successiva, quella dei 160 articuli adversus mathematicos, pubblicata nel 2014.
“Contro i matematici” esplora e mette a fuoco uno degli aspetti principali del pensiero bruniano, forse il più affascinante e controverso: il rapporto tra scienza e magia.
L’ultimo mio cimento col latino dura tre anni. La traduzione delle epistole dedicatorie delle opere composte nella lingua dei dotti mi consente di presentare, per ognuna di esse, il contesto storico e ambientale in cui furono scritte. Ne viene fuori un’immagine inconsueta del filosofo, relativa a periodi della sua vita scarsamente analizzati dai biografi precedenti. Negli intervalli del lavoro di traduzione escono dai torchi editoriali altri due libri, a cui sono particolarmente legato.
Quasi a voler alleggerire l’impegno a tratti ostico delle traduzioni, essi si rivolgono con un tono divulgativo agli appassionati, che, in numero sempre crescente, hanno iniziato a seguirmi.
Del 2012 è la mia intervista a Giordano Bruno “Io dirò la verità”, che analizza e chiarisce le fasi finali della vicenda processuale del filosofo. Un libro che ha avuto una larga fortuna, testimoniata da una versione teatrale, da numerose imitazioni e… qualche sfacciato plagio. Il secondo lo realizzo l’anno successivo per esaudire la richiesta di fornire un testo agile e didattico a coloro che si avvicinano per la prima volta alle opere del Nolano.
“Il profeta dell’universo infinito” ottiene un tale successo che lettori e studiosi di ogni paese si offrono di tradurlo nella loro lingua madre. Risultato: sette versioni in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, greco e portoghese, che presto saranno disponibili anche in versione e-book. Per coronare questo ventennio di studi intensi e faticosi, ma prodighi di soddisfazioni, non potevo esimermi dal lasciare un segno anche in questo 2020.
Ecco perciò la piccola antologia degli aforismi di Bruno a me più cari, raccolti durante questi venti anni di lavoro, appuntati su post-it tra una traduzione e l’altra, dimenticati tra le pagine di un vocabolario o sul fondo di una valigia durante uno dei miei viaggi sulle tracce di questo straordinario personaggio.
Come racconto nell’introduzione, questo prezioso breviario del pensiero bruniano volevo tenerlo per me, intimo, personale livre de chevet. Poi mi son detto che così facendo avrei tradito la missione costante del mio lavoro: far giungere il messaggio del filosofo al pubblico più vasto possibile.
La spinta decisiva alla decisione di pubblicarlo è venuta dalla necessità di distinguere la genuina parola del filosofo dalle numerose false citazioni diffuse in maniera incontrollata attraverso il copia-incolla della rete.
Non può mancare, a questo punto, un ringraziamento a tutti coloro che mi hanno sostenuto in questo percorso. Inizio da Sante Di Renzo, il mio editore storico, che ha creduto fin dall’inizio in questo progetto, in apparenza così lontano dalla sua linea editoriale. Il mio pensiero va poi a tutti coloro che in questi anni mi hanno seguito nei successi e incitato a non arrendermi nei momenti difficili.
Al popolo dei social, che mi ha accordato la sua fiducia, ad onta del bombardamento ingannevole delle false citazioni e dell’indifferenza fraudolenta degli accademici, feriti nell’orgoglio e… nel portafoglio. La loro meschina vendetta è consistita nell’escludere questi undici libri (che in segreto consultano e copiano continuamente) dalle note e dalle bibliografie dei loro testi pedanteschi. Continuano a non rendersi conto che oggi i lettori sono più interessati alla verità che alle loro patetiche baruffe filologiche. Infine un grazie dal profondo del cuore va alle persone che hanno collaborato alle mie iniziative con passione e disinteressato entusiasmo.
E adesso… guardiamo avanti!
Guido del Giudice
Il cratere “Giordano Bruno”
“Giordano Bruno sulla Luna”
“Lassù forse potrei trovare finalmente un po’ di pace, fuggire l’universitade che mi dispiace, il volgo ch’ odio, la moltitudine che non mi contenta”. Queste le parole che Guido del Giudice fa pronunciare al Nolano nel libro “WWW.GIORDANO BRUNO”, riferendosi alla luna ove lo portò qualche anno dopo la sua morte, nel 1648, un suo grande ammiratore: Cyrano de Bergerac.
Nel suo “L’autre monde ou les états et empires de la Lune”, come acutamente osserva Jean Rocchi: “Dyrcona (anagramma di Cyrano) incontra un personaggio travestito da “demone di Socrate” immortale, che un lettore sagace riconoscerà senza sforzo. Cyrano ci dice che quest’uomo é arrivato sulla Luna da non molto tempo, dopo aver fatto un viaggio in Europa dove ha incontrato il dottor Faust, i Cavalieri di Rosacroce e Campanella, mentre era a Roma dinanzi all’Inquisizione.
E’ nato sul Sole ma ha preso dimora sulla Luna perché qui gli uomini sono amanti della verità, non si vedono pedanti e i filosofi si lasciano convincere solo dalla ragione e non c’é autorità di sapiente, né prevalenza di numero che possa avere il sopravvento sull’opinione di un trebbiatore, se questi ragiona meglio”
Nuovo gioco di specchi: questo demone di Socrate ha incontrato in Inghilterra, dove ha studiato i costumi dei suoi abitanti, un uomo di cui egli fa il nome, ma che potrebbe essere lui stesso, in base alla descrizione che ne fa.
Quest’uomo é considerato una vergogna dal suo paese, perché é certamente una vergogna per i grandi del vostro Stato riconoscere in lui la virtù di cui é la personificazione, senza per questo adorarlo. Egli é tutto spirito, tutto cuore, Egli – aggiunge- é il solo poeta, il solo filosofo e il solo uomo libero che avete.
Chi é questo affascinante personaggio? Cyrano non dirà più niente ma aggiungerà solo un’ultima allusione quando, dopo averlo lasciato, Dyrcona, ritornando sulla Terra, sta quasi per toccare una montagna tutta in fiamme, per ritrovarsi steso su delle eriche in cima ad una collinetta in Italia.
Questo demone di Socrate, Italiano, gran viaggiatore é figlio del Sole, del Vesuvio e della collina di Cicala.
Egli ha un nome che nemmeno Cyrano poteva pronunciare”.
Il nome lo pronuncia Guido del Giudice in questo capitolo tratto dal suo avvincente libro che ci fa rivivere in modo suggestivo la spettacolare vicenda della formazione del cratere lunare, che sarà intitolato al filosofo Nolano: “Il tempo è volato via rapidamente. Discorrendo non ci siamo accorti che un intero giorno è passato e, mentre cala l’oscurità, fa già capolino in cielo una candida luna.
– La luna mia, per mia continua pena, mai sempre è ferma, ed è mai sempre piena. Mi è sempre piaciuto nelle serate luminose come questa, contemplarla e immaginare di essere lassù.
– Anche questo tuo desiderio si è avverato: ti ci portò qualche anno dopo la tua morte, sulle ali della sua fantasia, un tuo ammiratore: Cyrano de Bergerac.
Neanche lui poteva pronunciare il tuo nome ma nel suo Stati e Imperi della Luna, pensava certamente a te, quando descrisse un personaggio, nato sul Sole ma che ha preso dimora sulla Luna perché qui gli uomini sono amanti della verità, non si vedono pedanti e i filosofi si lasciano convincere solo dalla ragione e né l’autorità di un sapiente, né quella della maggioranza hanno il sopravvento sull’opinione di un trebbiatore, se questi ragiona meglio.
– Lassù forse potrei trovare finalmente un po’ di pace, fuggire l’universitade che mi dispiace, il volgo ch’ odio, la moltitudine che non mi contenta.
– Seguimi allora e preparati a una sorpresa: c’è un ultimo luogo che voglio farti visitare, insieme il più recente e il più antico. Ricordi quella cronaca medievale di fra’ Gervaso, lo storico della cattedrale di Canterbury?
– Parlava, se ricordo bene, di un’eruzione di fuoco dalla luna.
– Era la domenica che precede la festa di San Giovanni Battista, nell’estate del 1178. Cinque monaci ,terminate le preghiere serali, prima di ritirarsi nelle loro celle, si fermarono in silenzio a guardare il cielo. La luna crescente splendeva con la sua gobba rivolta ad ovest. D’un tratto videro il bordo superiore dell’astro incrinarsi e dallo spacco scaturire un ‘immensa fiammata, che lanciò tutt’intorno vampate di materia infuocata. I frati si guardarono stupefatti e corsero allarmati a riferire ciò che avevano visto. Che prodigio era mai quello e quali sventure annunziava ?
– Avranno pensato al diavolo! Soltanto lui, secondo loro, poteva permettersi di sconvolgere l’immobile imperturbabilità degli astri!
– Guarda quest’immagine! Esattamente nella regione descritta da fra Gervaso, l’asteroide che colpì la luna in quella sera di giugno, lasciò sulla sua superficie un enorme cratere. Otto secoli dopo scienziati e astronomi, che numerosi ammirano le tue intuizioni sulla relatività e sull’infinità dell’universo, hanno voluto renderti omaggio. Al confine tra faccia visibile e invisibile del satellite, tra ombra e luce come il tuo destino, teso a valicare i limiti dell’inconoscibile, quel grande, luminoso cratere ora porta il tuo nome. La statua imponente sul suo piedistallo qui nel mezzo della piazza mi sembra un razzo puntato verso il cielo, che voglia partire per raggiungerlo. Ho l’impressione di sentirla vibrare e sollevarsi, portandomi con sé verso l’infinito.
Nella piazza si è ormai spenta l’eco dei comizi e dei ringraziamenti. Se ne riparlerà tra 48 anni, quando i pedanti torneranno qui a celebrare la tua nascita. Cerco il tuo sguardo fermo e sereno al tempo stesso, e sento risuonare un’ultima volta la tua voce, per ricordarmi l’eterno messaggio di libertà e di speranza : Cosa non è di male da cui non s’esca, cosa non è di buono a cui non s’incorra”.