“Giordano Bruno e il giallo dell’ edizione critica”

L’ edizione critica.

In un mondo dove tutto, anche la scuola, è divenuto mercato, non c’è da stupirsi che studiosi e professori universitari non avvertano l’elementare regola morale di riconoscere che ciò che è di un altro non è proprio.

Alludo al caso del testo critico delle opere di Giordano Bruno stabilito da Giovanni Aquilecchia per le benemerite Belles Lettres. Successivamente è stato riproposto da Michele Ciliberto nella sua recentissima edizione nei «Meridiani» di Mondadori. Non si è avuta una una chiara e rispettosa ammissione di ciò, appunto, che ad altri era dovuto.

La querelle.

Dai giornali la querelle è ora passata sulle riviste specializzate e nell’ultimo numero di Belfagor (31 luglio 2000) è sceso in campo lo stesso Alain Segonds, noto studioso oltre che direttore generale de Les Belles Lettres (Aquilecchia interverrà quindi sul Giornale storico della letteratura italiana e Ciliberto sulla Rivista di storia della filosofia). Ma non di questo intendo qui parlare.

Giovanni Mariotti.

Giordano Bruno Ugo DottiDopo lo scritto di Segonds, Giovanni Mariotti, sul Corriere della sera, ha cercato di bilanciare i pro e i contra dei due contendenti e ha tentato, salomonicamente, di emettere una sentenza equilibrata: da un lato avresti un editore «accademico» (Les Belles Lettres) che fa della qualità il proprio fiore all’occhiello; dall’altro, com’egli si esprime, “un grande editore popolare quale la Mondadori» che ha obiettivi e logiche diverse, vale a dire, se ben intendo, vendere e incassare.

Tant’è che, come ha affermato Ciliberto, il suo Giordano Bruno avrebbe «tagliato le gambe» all’avversario avendo già tirato due edizioni e venduto cinquemila copie.
Questo registro del dare e dell’avere connesso col furto (giuridicamente legittimo) dell’edizione critica di un’opera così difficile e problematica come quella di Giordano Bruno, lascia davvero sconcertati.

Esso infatti solleva, come dicevamo all’inizio e come ha icasticamente precisato Alain Segonds nel suo intervento su Belfagor, una sola questione; e tale questione è essenzialmente di natura morale. Chi ha speso gran parte della propria attività di studioso per restaurare un testo significativo della cultura del passato o anche soltanto chi abbia letto, in proposito, Petrarca o Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla o Poliziano, conosce bene il piacere disinteressato che proviene da questo esercizio, insieme, di filologia e di disciplina morale. Ma lasciamo pure perdere siffatte considerazioni.

Non possiamo però trascurare almeno due circostanze. Che di siffatti studiosi si va sempre più perdendo la razza. Ed in secondo luogo, che di editori disposti a favorire il merito e la qualità se ne trovano sempre meno.

Ora, a quanto pare, Les Belles Lettres debbono pure subire lo sbeffeggio delle cinquemila copie vendute dall’editore «popolare» italiano. Tra la vanagloria e la gloria – sentenziava Agostino – c’è questa differenza: la prima poggia sull’effimero giudizio degli uomini; la seconda sul profondo consenso della coscienza.

UGO DOTTI

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