Il filosofo a Positano al premio di giornalismo vinto da Maria Luisa Agnese e Francesco Erbani

Il folle volo, la virtute e la conoscenza, l’arte di assassinarsi l’un l’altro. E poi quell’universo senza muraglie regalatoci nei Dialoghi Italiani dall’ultimo «mago» finito sul rogo in Campo de’ Fiori il 17 febbraio del 1600. C’è tutta l’idea dell’esplorazione nella retorica rovesciata che conduce a personaggi-simbolo del passato, da Ulisse a Giordano Bruno, passando per Cristoforo Colombo: colui che ha dato il via a pratiche che avrebbero condotto allo sterminio di interi popoli e culture. «Oggi c’è quasi un processo a quest’uomo – sostiene il filosofo Giulio Giorello intervenuto ieri presso i giardini di Palazzo Murat a Positano alla consegna dei premi di giornalismo civile a Francesco Erbani e Maria Luisa Agnese «perché avrebbe aperto l’età delle aggressioni alle popolazioni originarie. Ma non è lui ad avere tutte le responsabilità. È un problema dei politici successivi, sia spagnoli che anglosassoni, perché la verità è che Colombo ci ha regalato una grande avventura di coraggio e pensiero». La stessa che in modi diversi ha animato il folle volo di Ulisse, esploratore ardito non privo di dubbio, migrato dal poema omerico al Purgatorio dantesco.

«Anche il giornalismo è avventura. E non soltanto per via del racconto, ma per ciò che si può vedere oltre i confini della notizia», ha sottolineato invece il direttore di «Sette» Maria Luisa Agnese nel corso del seminario (ha moderato Francesco D’Episcopo) promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici guidato da Gerardo Marotta e inserito nella rassegna letteraria «Positano mare sole e cultura» come appuntamento-memorial dedicato a Salvatore Attanasio, imprenditore illuminato e fondatore della decennale manifestazione culturale. «Il giornalismo non può essere tale se non è civile», ha replicato Francesco Erbani di Repubblica. «E questo perché esiste un carico di responsabilità che altre discipline non hanno, specie per il ruolo svolto nell’equilibrio dei poteri».

Ma cosa c’entra Ulisse con l’informazione del Terzo Millenio? «Insegna innanzitutto a non accontentarsi delle notizie confezionate», aggiunge Erbani. «Le verità vanno cercate con spirito di conoscenza. Il giornalista oggi dovrebbe essere una sorta di Ulisse moderno. Purtroppo però non lo è appieno, perché spesso si svolge questo mestiere con attitudini impiegatizie». Il «folle volo» dalle epoche remote al mondo nuovo è proseguito poi attraverso quel senso di «virtute e conoscenza» che nell’esortazione di Ulisse un vero uomo dovrebbe cercare di perseguire. «Sono fattori che vanno recuperati come ai tempi di Giordano Bruno: studiando con coraggio e modestia», aggiunge Giulio Giorello.
«Con coraggio rispetto alle tradizioni, con modestia, rendendosi conto che siamo la piccola parte di un cosmo senza limiti». Non bisogna raggiungere la verità, ma «contribuire cercarla», ha concluso Erbani «spingendo il lettore ad approfondire, anche battendosi contro il sistema che ha ridotto l’informazione a intrattenimento. E guai a confonderla con la comunicazione: questa è roba per aziende che sfruttano i canali per promuovere i loro prodotti».