Karen Silvia de Leon-Jones

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Ha detto recentemente Philippe Daverio che non c’è più alcuna autorità culturale che vigili sulle “fesserie” (eufemismo) che si pubblicano. In tal modo trovano risonanza (tra le pelli d’asino per tamburi) affermazioni e teorie che fino a non molto tempo fa si sarebbero guadagnate la sottolineatura in blu o in rosso nelle scuole elementari, e che talvolta disgraziatamente assurgono a capisaldi di pensiero dettando legge per decenni. Abbiamo pertanto ritenuto di segnalare con questa rubrica, aperta a tutti, le storture provenienti da “cervelli increspati” (definizione di Anacleto Verrecchia), che condizionano pesantemente il sapere. Il nostro non è un intento di censori o pedanti (sarebbe il colmo parlando del Bruno!) ma una rivisitazione bonaria e ironica per difendere il Bruno, che non può farlo, dagli “insulti” che ancora gli piovono addosso.
Nei casi più lievi ci limiteremo a fare come gli antichi spartani: esporremo sul Monte Taigeto i parti più debolucci, segnalando coloro che vagiscono ancora in età adulta, emettendo un suono fesso.
Nei più gravi, accompagneremo personalmente sin sul bordo della Rupe Tarpea coloro che, in buona o malafede, hanno danneggiato il Bruno, così come facevano gli antichi romani con i traditori. In entrambi i casi, i lettori saranno liberi di scegliere, attraverso un sondaggio, se assolvere, graziare permettendo al pupo di crescere, o dare, tutti insieme, una piccola spinta. Valens Acidalius

Prendiamo in esame un’altra delle etichette appiccicate al Bruno in tempi recenti, quasi si trattasse di un vaso di unguenti in una farmacia antica: Bruno cabalista.

Ne parla diffusamente nella sua opera, Giordano Bruno and the Kabbalah*, Karen Silvia de León-Jones. Questa ricercatrice in studi religiosi pur arrivando alla conclusione che Bruno non è cabalista nel senso più stretto del termine (q1) e che non etichetterà Bruno come cabalista (q2), cade tuttavia nell’errore di esaminare la Cabala del cavallo pegaseo con l’aggiunta dell’asino cillenico, il libro più divertente e satirico del Bruno, con estrema serietà. Ma non è la sola: anche alcuni che lei indica come suoi maestri cadono in questo equivoco. Bruno diceva ironicamente degli eruditi ricchi di sfoggio e poveri di comprensione: “Come dimostrano bene che essi sono gli unici a cui Saturno ha pisciato il giudizio in testa”**. L’irresistibile gioco di parole bruniano: “…eccovi Cabala, Teologia e Filosofia, dico una Cabala di filosofia teologica, una Filosofia di teologia cabalistica, una Teologia di cabala filosofica”…***, diventa secondo la studiosa una inseparabile triade, un legame teologico-filosofico per includere la cabala (pag.9), un sistema, filosofico, teologico, ermeneutico del quale Bruno si serve come espediente ermeneutico per introdurre e spiegare le sue teorie personali (q3); e lo sconosciuto dedicatario dell’operetta ironica, Karen Silvia de Leon-JonesDon Sapatino, risulta il simbolo dell’unione fondamentale dei tre concetti (pag.24).
L’errore interpretativo mette in ombra anche alcune osservazioni interessanti dell’autrice (ad esempio sull’uso da parte del Bruno di termini cabalistici quali “indumenti” e “dimensioni”, pag.36/37), e genera altri errori, come considerare un’altra divertente frase dell’Epistola dedicatoria della Cabala un usare la tradizionale dicotomia aristotelica (ndr. fisica e metafisica) ad indicare che un filosofo non è diverso da un teologo o cabalista e viceversa (q4), esattamente il contrario di quanto il Bruno volle rivendicare anche a costo della vita: la libertà di essere filosofo.
La mancata accordatura del suo strumento impedisce all’autrice, sin dalle prime pagine, di sentire le dissonanze a cui la portano obbligatoriamente le note false che ne ricava. Se non si sanno riprodurre le note giuste non si può fare musica. Sarebbe assurdo, ad esempio, voler analizzare il Dizionario Filosofico di Voltaire prendendone il testo paradossale in modo serio. Così seguono contraddizioni e incomprensioni: a dispetto del suo voler considerare il Bruno come un nuovo profeta, la de León-Jones si vede costretta a riconoscere che il tono della interpretazione del Bruno non è particolarmente profetico (q5)che il Bruno tuttavia complica la faccenda (q6) tanto che i suoi confini filosofici sono talvolta difficili da distinguere (q7); ed è logico, perchè se le premesse sono errate, le conclusioni risultano, nel caso migliore, comiche. Esempi: Bruno utilizza l’immagine dell’asino per rappresentare metaforicamente la mistica (q8) e l’affermazione che La cabala e l’asino è esattamente quello che il titolo richiama, un dialogo di sovrastrutture cosmologiche (q9), un superciuccio insomma.
La de León-Jones sostiene di aver approfondito l’interpretazione dell’asino della Yates, più semplice, in quanto incapace di cogliere gli aspetti cabalistici inerenti al simbolo (q10) e rileva che Cabala è esattamente quello che il titolo pretende di essere, un trattato di cabala (q11). Peccato che il Bruno aggiunse alla Cabala del cavallo pegaseo il testo ancor più paradossale de L’asino cillenico.
Povero Bruno! Si riferì probabilmente a quel suo divertissement quando dichiarò al processo veneto (II costituto del 30 maggio 1592): “ho alcune opere composte da me e date alla stampa, le quali non approvo”, temendo che le sue idee fossero travisate.
Conclusione. Una riflessione generica, che non riguarda la de León-Jones: col flusso di immondizie culturali che ci sono pervenute sin dagli anni cinquanta dagli Stati Uniti, abbiamo conosciuto vari tipi di superuomini: l’impiegato volante, il pipistrello, il ragno, la formica. Non abbiamo bisogno del superasino: di quello ce ne siamo già accorti noi da tempo.
Alla nostra studiosa di religione e teologia consigliamo una bella boccata di aria fresca, accompagnandola gentilmente in gita sul Monte Taigeto.

* Giordano Bruno and the Kabbalah, Yale University Press, 1997, ediz. First Nebraska 2004.
** Il Candelaio, edizione Excelsior1881, Milano, 2008, Proprologo pag.35.
*** La cabala e l’asino, Excelsior1881, Milano, 2010, pag.29.
q1 Bruno is not a Kabbalistic in the strictest sens of word (pag.181)
q2 I will not label Bruno as a Kabbalist (id.)
q3 In the dialogue Cabala Bruno uses the Kabbalah as a hermeneutic device to introduce and 
explicate his own theories (20)
q4 Taking the traditional Aristotelian dichotomy to mean that a philosopher is not different than
a theologian or Kabbalist, or vice versa (24)
q5 The tone of Bruno interpretation is not particularly prophetic (182)
q6 Bruno however complicates the matter (112)
q7 The philosophical boundaries are sometimes difficult to distinguish (84)
q8 Bruno utilizes the image of the Ass to metaphorically represent the mystic (27)
q9 A dialogue of cosmological superstructures (21)
q10 Yates offers a simpler interpretation of the symbol of the Ass, for she is unable to perceive
the Kabbalistic aspects inherent the symbol (20)
q11 His dialogue Cabala is exacting what its title claims to be: a work of Kabbalah (17).