“Battibecchi su Giordano Bruno”

Caro direttore,
leggo nel numero di sabato 6 settembre del suo settimanale un articolo di Gerardo Picardo su Giordano Bruno che sembra scritto cent’anni fa, al tempo della costruzione del monumento in Campo de’ Fiori voluta dalle élite liberalmassoniche. La migliore ricerca storica ha fatto da tempo giustizia dell’immagine di Bruno “martire del libero pensiero”, mettendo l’accento sul carattere di mago rinascimentale del nolano, volto a costruire una società in radicale antitesi con quella cattolica; sulla sua qualità di frate apostata e bestemmiatore, che negava con pervicacia tutti i principali dogmi di fede; nonché sul carattere tutt’altro che scientifico, anzi magico-occultistico e quindi decisamente regressivo del suo pensiero. Nell’articolo di Picardo si legge tra l’altro, a conferma dell’acribia dell’autore, che Bruno “anticipò il pensiero eliocentrico di Copernico”, quando qualsiasi liceale sa che questi visse un secolo prima e che fu sostenitore di una visione ordinata del cosmo che era l’antitesi di quella insegnata dal nolano e contestata oggi dalla scienza più avanzata. Infine il processo a Bruno fu un processo interno alla Chiesa e si svolse secondo tutte le garanzie giuridiche, come fu messo in luce dal suo massimo studioso, Luigi Firpo, non certo accusabile di parzialità filo cattolica, e come hanno recentemente ribadito Anna Foa e Paolo Mieli, seri studiosi anche loro non certo cattolici. Nel box che accompagna l’articolo viene poi stroncato un volume di Rita Pomponio in difesa di Papa Clemente VIII Aldobrandini (Il Papa che bruciò Giordano Bruno). Nel box si legge che i I papa “accese …iI rogo”, cosa alquanto strana in quanto è noto che la condanna venne eseguita dall’autorità civile, e che “il fumo di quella disumana pira fu l’ultimo, coerente atto di pensiero dell’ex frate domenicano, facendo cadere il papa Aldobrandini nella vergogna della storia”. Ancora si legge che “l’autrice ha raccolto il peggio dei riscontri processuali e della letteratura scandalistica anti-bruniana”. Peccato che la correttezza del processo, il suo carattere interno alla Chiesa e la grandezza politica del pontificato di Clemente VIII, che tra l’altro recuperò alla Chiesa il ducato di Ferrara, siano riconosciuti da tutti gli studiosi citati, che di scandalistico mi pare non abbiano proprio nulla.
In conclusione un articolo sbagliato, che dispiace leggere in un settimanale che era nato proponendosi’ come alternativo al “politicamente corretto”. Purtroppo il fanatismo laicista non conosce frontiere.

Franco Damiani

Caro Direttore,
il profilo di Giordano Bruno proposto sul numero 36 del nostro “Dom” desta più di una perplessità. Non so se – come dice l’autore dell’articolo con accenti dannunziani -la vita del nolano “genio assoluto e vita ribelle” sia stata “tragicamente bella” o se sia più corretto individuare nel Bruno un caso di megalomania (è il giudizio che dà il traduttore in inglese de La cena de le ceneri, lo storico della scienza Stanley Jaki).
In ogni caso, alla luce degli studi del laicissimo Luigi Firpo e di quelli più recenti di Anna Foa – non certo rubricabili sotto la voce “letteratura scandalistica anti-bruniana” – riterrei ormai indifendibile il ritratto di un Bruno eroico e indomabile, assertore della supremazia del vero speculativo sui dogmi delle religioni positive; un mito al cui successo contribuirono, tra gli altri, liberaloni alla Francesco De Sanctis e la biografia di Vincenzo Spampinato, patrocinata nel secolo scorso da Giovanni Gentile. Nell’articolo si afferma che Giordano Bruno “preferì non occuparsi di fede e teologia”. Ma non si tratta, forse, della stessa persona oggi contesa dall’occultismo di mezzo mondo che, all’ epoca, si proclamò sacerdote dell’antico culto ermetico? Non è forse sua la celebre descrizione di Dio “sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in ogni luogo”?
Difficilmente difendibile, infine, la tesi secondo cui il Bruno” anticipò il pensiero eliocentrico di Niccolò Copernico”. Non tanto perché quest’ultimo, con Galilei, KepIero, Einstein e Schlick, era giustamente convinto a differenza di Bruno che la massa dell’universo fosse finita, ma per il fatto che Copernico morì nel 1543, anno di pubblicazione del De revolutionibus orbium celestium, mentre Giordano Bruno nacque giusto cinque anni dopo…

Maurizio Brunetti

Strano destino, quello di Bruno. Per lui, Manfurio, figura del pedante, è sempre dietro l’angolo. Riguardo all’anacronismo, sono costretto a citare il mio libro Oltre il Tempio. Sul cristianesimo nella filosofia di Giordano Bruno da Nola (Ed. Sassoscritto, Firenze 2003, giunto ormai alla seconda edizione e materiale di studio per le Università). A p. 85 del testo si dice: “La concezione dell’infinito bruniano rovesciò la teoria geocentrica della Chiesa, sviluppando il pensiero eliocentrico di Copernico”. È evidente che nell’articolo cl sia stato un refuso, di cui mi scuso con i lettori. Vi si dice anche come il nolano addebiti a Copernico il non aver tratto tutte le possibili conseguenze della sua intuizione. Salva la “dottrina”, un altro punto. Il sig. Brunetti cita il prof. Stanley L. Jaki. Pe il tono dei contributi di quest’ultimo su Bruno, si può vedere il n. 299 (2000) di “Cristianità” . Essendo Jaki un prete, legge Bruno come “megalomane” e altro di irriferibile, a mio avviso nel sottanone del tradizionalismo cattolico, che ha già passato molta legna sotto il rogo del Filosofo. E non ha chiesto perdono. L’umanità dovrebbe essere il primo sacramento della Vita.
Per quel che riguarda infine le interpretazioni di Bruno come mago, massone e via dicendo, preferisco, studiando e insegnando Bruno da anni, l’ermeneutica di “liberaIoni” come Giovanni Gentile, che considerava Bruno quello che il nolano fu e volle essere: un Filosofo. Niente altro che questo. L’invito che rivolgo è quello di sempre: andare alle Fonti, leggere le stesse opere di Bruno piuttosto che le sintesi da catechismo di maniera che ne hanno sempre affiancato e distorto la comprensione.
Questioni di scelte. Bruno in realtà credeva -lo ribadisco – alla Filosofia come sola verità, mentre il campo della religione riguardava per lui solo la virtù morale. Ha scritto un ottimo teologo, Jurgen Moltmann, sulla ricerca di Bruno: “La religione del libero pensiero non vuole vendetta, ma pretende tolleranza: questa fede non dispone di profeti, ma solo di pensatori. Se ne cerchi il tempio trovi l’universo, se cerchi asilo lo trovi nel sapere umano”. L’anti­pedante filosofo nolano restò″ allergico” alle questioni religiose. Scrisse che i preti e la Chiesa “sporcano il mondo”. Si rifece piuttosto alla “prisca sapientia”, quella dell’Egitto e di Roma, ma non fu né stregone né maestro di occultismo. Anzi, come ricorderanno i nostri lettori, fu fatto imprigionare a Venezia, dopo delazione del mendace Mocenigo, perché insegnò solo a questo bigotto l’arte della memoria, non la magia. La libertà del pensiero proclamata e vissuta da Bruno fino alla morte è un fatto storico, e la storia non indietreggia. Si vedano Aquilecchia, Ciliberto, Masullo e tutta la letteratura anti-pedante e non scandalistica sul Filosofo. Grazie per il confronto. È confermato che il nolano fa ancora discutere.

Gerardo Picardo