Celebrazioni bruniane 2011: la misura è colma!

Giordano chiama il pane, pane; il vino, vino…ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture…stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti.

di Guido del Giudice

Leggete un po’, negli articoli in basso, come è stato celebrato quest’anno, a Nola, Giordano Bruno. Dopo aver sostenuto le ragioni degli anticlericali contro i preti pedofili, degli insegnanti precari contro la Gelmini, degli studenti contro i tagli dei finanziamenti alle tasche degli accademici, eccolo ora, novello Benigni, esaltare l’Unità d’Italia (sperando forse di ottenere anche lui un’onoreficenza da Napolitano) o scendere addirittura in piazza al fianco delle femministe! Manca solo che lo si chiami in causa, con una sciarpa azzurra intorno al collo, per chiedere la revoca della squalifica di Lavezzi!

Si è fatto diventare Giordano Bruno un giullare! Disponibile ad appoggiare le istanze di qualsiasi movimento anti autoritario. Bruno! Per il quale l’autorità del monarca o del papa, degli “dei che pisciano e cacano”, come li definiva Lui, rappresentava l’unica speranza conciliatrice in grado di sconfiggere intolleranza ed ignoranza. Si trattava, semmai , di illuminarli, non certo di assoggettarli agli umori bestiali del “volgo rozzo e infame”.
E’ ora di finirla! Per quanto ancora dovremo sopportare che pedanti da strapazzo, pur di mettersi al centro dell’attenzione, si permettano, con elucubrazioni dialettiche neppure tanto sofisticate, di forzare o travisare completamente il messaggio del Nolano?
I “propagatori di idiozie”, cara De Lucia, sono proprio costoro che, evidentemente, ignorano ciò che Bruno ha veramente scritto e insegnato. Ormai di Lui è lecito dire tutto e il contrario di tutto: basta estrapolare un brano dalla sua copiosa produzione letteraria e, voilà, il gioco è fatto! Mago ermetico o cialtrone, puttaniere o censore del bunga bunga, scienziato o spia, uomo di corte o garibaldino ante litteram! E questo a scapito di chi si fa in quattro per approfondire e diffondere una filosofia, che ha una portata che va molto al di là degli enfatici sermoni d’occasione sul martire del libero pensiero o sul profeta degli infiniti mondi. Ma la serietà e la coerenza sono doti davvero irrimediabilmente perdute nel mondo accademico? Questi vecchi tromboni si renderanno mai conto che chi li ascolta non ha più l’anello al naso? Perfino Carmen Fusco, cronista preparata che da anni segue le vicende bruniane, costretta a sentire sempre le stesse cose, non riesce a nascondere un moto di fastidio nel dover riportare simili corbellerie!
Quasi lo presentisse il Nolano ammoniva preoccupato:

«Non vorrei intanto che, come in tempo d’inondazione,
gli stronzi degli asini dissero ai dorati frutti:
“Siamo anche noi pomi che galleggiamo”,
così a qualunque stolto o asino sia lecito
ragliare all’indirizzo dei nostri argomenti
presentati qui o altrove, in questo o in altro modo».

Molto meglio ricordare Bruno con le parole genuine della lettera, pubblicata su Riformista e Liberazione il 17 e sull’Unità il 19, che mi ha inviato un sincero ammiratore del grande filosofo:
Paolo Izzo
L’ombra della verita’

Ve ne dimenticherete anche quest’anno. O ci sarà appena un cauto trafiletto e qualche manipolo di eretici a ricordarlo in una rara piazza o strada a lui dedicate (dieci giorni fa, nella “sua” Napoli, nella via col suo nome, c’erano a celebrarlo topi e munnezza, che tristezza!). Nemmeno vi serviranno le recenti scoperte astronomiche su mille possibili sistemi solari, “infiniti mondi”, come intuiva lui, mentre poco probabile è che anche in altro remoto universo ci sia un Vaticano… beati loro!
Poi un giorno, che non sarà mai abbastanza presto, ci si affannerà a dargli ragione per aver scommesso su un aldiquà di umanità umana e di verità naturale contro un aldilà di astrattezza violenta e di dogmatica disumanità. La stessa che “oggi” lo bruciò vivo, che fece santo colui che appiccò il suo rogo, che non ha ancora chiesto scusa (e sono passati 411 anni!) e che oggi brucerebbe, se solo potesse, eretici e streghe, testamenti biologici e fecondazioni assistite e coppie di fatto.
Ma lui lo sapeva, con quella inconscia certezza che hanno soltanto i pochi genî ribelli che scoprono com’è, dentro, l’essere umano: sapeva di aver fatto tutto “quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un’imbelle vita” (“De monade, numero et figura”, Giordano Bruno).

Biblioteca universitaria: libri nel container

Giordano chiama il pane, pane; il vino, vino…ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture…stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti.

di Alessandro Chetta – “Corriere del Mezzogiorno” 19 aprile 2010

LA DIRETTRICE: «FONDI BLOCCATI, SITUAZIONE ASSURDA: SCRIVERO’ AL MINISTRO BONDI»
E il cortile delle statue in gabbia da 7 anni
Napoli, migliaia di testi tra le lamiere a rischio umidità per i black out e il loggiato monumentale è un cantiere.

NAPOLI – Gli uomini illustri scolpiti nel marmo, Giordano Bruno, Tommaso d’Aquino, De Sanctis, si guardano e si piangono quel cortile delle statue diventato da anni il cortile del container. Siamo nel monumentale loggiato della Federico II che ospita la Biblioteca universitaria di Napoli. Qui, dove il mostro metallico ha invaso la scena. Al suo interno in lamiera ci sono migliaia di libri «sfollati», sottratti dagli antichi scaffali a causa dei lavori dell’ala est. Un set da terremoto che stride decisamente con la Settimana della Cultura, cominciata venerdì scorso in città. Lavori eterni. Neanche gli addetti
della biblioteca ricordano più da quanti anni: sei, forse sette. Una condizione che con eufemismo la direttrice Ornella Falangola definisce «disagevole» e dalla quale scaturisce un triplice, pessimo, effetto, di carattere pratico ed estetico. Primo, la difficoltà per gli studenti di accedere a migliaia di testi dovuta ai tempi più ristretti di apertura del container; secondo: lo sfregio perenne al cortile delle statue, dove fino ai primi anni 2000 si organizzavano anche serate musicali.

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GIORDANO BRUNO E VICO «IMPRIGIONATI» – Le sculture e i busti del quadrilatero restano impacchettate da tubi innocenti e velate da teloni. Sembrano in camera iperbarica. Lo sguardo severo dei maestri è interpretabile, a questo punto, come una smorfia incavolata. Infine, c’è il problema dell’esposizione dei volumi ai capricci della rete elettrica, compromessa dai lavori. I black out avvengono spesso perché l’elettricità corre su una sola delle due linee esistenti. Spegnendosi l’impianto di condizionamento del container l’umidità ritorna la prima nemica dei volumi (anche se i più antichi sono depositati nei caveau). Senza contare i problemi per la sicurezza (vanno ko anche gli allarmi) e l’umidità che soffrono gli stessi studenti.
«D’inverno – ricorda la direttrice – per evitare che la rete salti, teniamo spente le stufette degli uffici per riscaldare le aule dei ragazzi». Scene da Libro cuore. E non se ne vede la fine. La biblioteca è un cantiere. Anche la sala funzionante è divisa da un separè, e dietro sono ammucchiati scatoloni contenenti microfilm, cd rom e vecchi floppy disc. I finanziamenti del Ministero dei beni culturali, da cui dipende la biblioteca, nel corso degli anni sono stati erogati a singhiozzo; il fondo stanziato era, all’epoca, di 7miliardi di lire. Adesso il rubinetto è chiuso a causa di iter amministrativi tortuosi. Dopo aver sollecitato più volte la Direzione generale beni librari e diritto d’autore, la direttrice Falangola scriverà al ministro Sandro Bondi. Un estremo tentativo per sbloccare la situazione. E per liberare i volumi dalle lamiere e i filosofi dalle prigioni di ferro e di tulle.
Alessandro Chetta

Istituto Studi filosofici: Cronaca di una morte annunciata

Giordano chiama il pane, pane; il vino, vino…ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture…stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti.

di Guido del Giudice

Dispiace per il destino dell’ Istituto Studi Filosofici e certamente l’immagine emaciata, un po’ decrepita di Gerardo Marotta, che sprofonda con i suoi libri in un maelström senza ritorno, testimonia la tragicità della situazione, oltre all’eroica, nobile impresa portata avanti negli anni da questo indomito vegliardo innamorato della filosofia. Certo anche lui non è esente da colpe (nessuno di noi lo è), ma in momenti come questo bisogna schierarsi a difesa dell’Idea, senza indulgere all’analisi spietata delle responsabilità. Di quella Università che oggi Marotta addita come principale responsabile della “ruina” dell’Istituto, egli è stato complice consapevole e pertinace. Sono certo che si è trattato di una necessità, che nel corso degli anni si sia presentata ai suoi occhi come l’unica possibilità di sopravvivere, ma non può non suonare tardivo e un po’ ipocrita questo “J’accuse” finale.

All’Università egli si è appoggiato, facendosi trascinare nella logica spartitoria e ricattatoria di alcuni Studi filosoficibaroni autoctoni, che si sono serviti dell’Istituto a loro piacimento, e se parlo così, lo faccio a ragion veduta. Non lo condanno: probabilmente le dolorose scelte determinate dalle necessità economiche che si è trovato a fronteggiare, lo hanno posto dinanzi ad una cruda alternativa: soccombere o cedere, un passo alla volta, ai compromessi e alle imposizioni degli accademici. Si badi bene, ciò va visto come un ulteriore motivo di vanto. Sarebbe stato facile, con un atto d’orgoglio, compiere un gesto eclatante di rifiuto nei confronti di questi piccoli aiuti “usurai”, che gli consentivano di resistere, decretando però la fine di una entusiasmante impresa, che rimarrà in ogni caso indelebile nella storia della cultura di Napoli e dell’intero Paese, per non andar oltre. Sarebbe stato certo più facile ribellarsi una volta per tutte contro le piccole, dolorose umiliazioni sopportate, con l’unico intento di difendere con i denti il lavoro e i sacrifici di un’intera vita. Invece, tante chiacchiere e pochi fatti, un passo dopo l’altro, un cedimento dopo l’altro hanno finito (e la politica è spietatamente abile a mettere in atto questa strategia di asservimento) per determinare il suo completo accerchiamento, fino all’attuale, ennesimo disperato appello. L’Istituto va salvato a tutti i costi e va dato atto a Marotta dell’eroismo della sua impresa, ma è anche vero che per dare una prospettiva futura a questo progetto, per far si che non rimanga un’impresa personale e isolata, che si esaurisca con la vicenda umana del suo creatore, è necessario un progetto di ben altro respiro. Non basta un ulteriore, limitato reperimento di fondi per permettere in extremis il salvataggio di una sia pur mirabile biblioteca o delle vetuste e gloriose stanze di un palazzo. Sono sicuro che lo stesso Marotta abbia le idee chiare su a chi affidare la sua eredità. Pur celebrando, come è giusto, il ricordo delle voci illustri che hanno echeggiato nelle antiche sale del palazzo Serra di Cassano, non bisogna dare l’immagine di qualcosa che voglia sopravvivere inalterato nella sua vetustà, senza adeguarsi ai tempi. Perché oggi la filosofia è tutt’altro che morta, anzi è in piena rifioritura, grazie anche all’apporto di tecnologie che consentono nuove forme di comunicazione. Bisogna lottare, perciò, per un nuovo Istituto, aprioristicamente libero dalle ingerenze “politiche” di una Università allo sbando. E’ un’impresa possibile? Noi, strenui difensori del sapere in tutte le sue forme, abbiamo comunque il dovere di provarci, con la stessa convinzione che faceva dire al Nolano: “ora che siamo stati nella feccia delle scienze, che hanno parturita la feccia delle opinioni, le quali son causa della feccia de gli costumi et opre, possiamo certo aspettare de ritornare a meglior stati”.

L’Espresso e La7: ancora e sempre Ciliberto!

Giordano chiama il pane, pane; il vino, vino…ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture…stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti.

di Guido del Giudice

Sono comparsi recentemente due contributi filmati dedicati a Giordano Bruno: il capitolo del caffè filosofico dell’Espresso e la puntata del programma “Impero” dedicata da Valerio Massimo Manfredi su La7 ai processi a Bruno e Galilei.

Indovinate a chi è affidato il commento scientifico? Ma a Michele Ciliberto, che domande! E’dal 2000, anno in cui è diventato presidente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni Bruniane, che ha assunto il ruolo di depositario del verbo Bruniano. Ce lo ritroviamo davanti ogni volta che si parla del Nolano, in qualunque settore: tv, radio, convegni, pubblicazioni di ogni tipo, premi letterari. Tutto quello che riguarda il filosofo deve passare per le sue mani; le principali case editrici nazionali, le pagine culturali dei quotidiani, le facoltà universitarie sono sotto il suo controllo.
Sarebbe ingeneroso non riconoscere che si tratta di un grande esperto di Bruno: lo ha studiato, lo conosce a fondo, ha centrato nei suoi libri alcuni dei punti nodali della sua filosofia, formulando teorie innovative insieme ad altre criticabili, ma questo esasperato presenzialismo sta finendo per logorarne l’immagine di studioso serio e preparato. Ogni volta ci aspettiamo da queste sue apparizioni qualcosa di originale e invece, mentre l’intervento nel programma di Manfredi si limita a poche insignificanti battute, nei sedici capitoli in cui è diviso il DVD, dobbiamo riascoltare per l’ennesima volta le solite tesi, alcune interessanti, altre più discutibili, tutte comunque già note.
Ciliberto MicheleUna trattazione parziale condita qua e là dalle solite inesattezze storiche, come quando attribuisce ai compagni di cella a Venezia e non a Mocenigo l’episodio dell’uccisione del ragnetto. Del resto abbiamo potuto constatare spesso come la precisione dei particolari biografici non sia certo il punto di forza di Ciliberto. Anche la sua recente biografia pullula di imprecisioni: tanto per fare un esempio, continua ad identificare in Gilbert Voet anziché Heinrich Boethius il pastore che scomunicò Bruno ad Helmstedt. Del resto egli basa tutta la sua autorità Bruniana sulla conoscenza testuale, retaggio dei lunghi anni di studio giovanili spesi nella realizzazione del Lessico di Giordano Bruno. Per quanto riguarda i particolari biografici, si è sempre affidato ad un gineceo di studentesse che gli hanno curato le pubblicazioni e che egli ha ricompensato portandole alla docenza in importanti atenei nazionali. Non ha tutti torti il suo acerrimo nemico Nuccio Ordine quando, oltre a contestargli la pressoché nulla fama all’estero, afferma che nelle sue opere non c’è il benché minimo lavoro di ricerca, anche se il giudizio proviene da un modesto docente che non può certo vantare meriti equivalenti a quelli del suo ex-maestro, e le cui referenze per quanto riguarda gli studi bruniani, si limitano ad un unico libro, ormai superato, sul concetto di asinità.
E’ mai possibile che fin quando sarà in vita Michele Ciliberto, saremo condannati ad ascoltare su Bruno sempre le stesse cose? Quest’ora e venti di esposizione della filosofia del Nolano può risultare di una certa utilità solo a chi ne abbia una conoscenza iniziale e, soprattutto, non abbia già letto o ascoltato queste lezioni propinateci in tutte le salse. Saranno anche teorie di un certo valore ma ormai le conosciamo a memoria, bisogna anche lasciare il passo a delle intuizioni nuove! Invece continua ad affossare chiunque abbia cose interessanti da dire su Bruno. Perché questa paura delle novità? Apparirebbe chiaro a tutti come queste siano frutto anche dei suoi insegnamenti. Avrebbe la possibilità di essere ricordato come un caposcuola anziché come un capoclan accademico, sempre rintanato in quella buia biblioteca di Palazzo Strozzi! Un così profondo conoscitore di Giordano Bruno, dovrebbe farsi anche un esame di coscienza e domandarsi se il filosofo si sarebbe mai comportato come fa lui. La più beffarda offesa che si possa fare a Bruno oggi è proprio permettere che a rappresentarlo sia il prototipo del pedante, che il Nolano ha criticato e combattuto per tutta la vita. Il nemico numero uno dell’intolleranza e dei pregiudizi accademici che gli impedirono di salire in cattedra a Oxford, a Parigi e in quasi tutte le università d’Europa, è finito nelle mani di un personaggio che fa proprio questo: impedisce a studiosi preparati di insegnare negli atenei, impedisce la pubblicazione dei libri, impedisce la diffusione delle idee, impedisce la realizzazione di opere senza la sua approvazione. E poi vuole venirci a spiegare come la pensava Bruno!
Siamo di fronte, purtroppo, ad uno degli esempi più eclatanti della odierna degenerazione della cultura in Italia. Ciliberto continua a spadroneggiare da decenni sull’istituto studi del rinascimento. Qualunque partito sia al governo riesce sempre a conservare il sedere ben attaccato alla poltrona. Antiberlusconiano di ferro, pubblica i suoi libri con Mondadori e va in Fininvest. Intanto riceve dalle mani del suo vecchio compagno di partito, Napolitano, la nomina a Linceo. Grande estimatore di Machiavelli, ha portato avanti con cinismo la scalata alla Normale di Pisa. Non gli resta da fare altro che scalzare l’attuale direttore Salvatore Settis e poi almeno per un po’, dovrebbe acquietarsi. Diventare Dio non dovrebbe far parte delle sue ambizioni, salvo voltafaccia dell’ultima ora anche in questo campo!
Ma la cosa più avvilente è che il resto del mondo accademico è succube di questa situazione. Nuccio-Ordine

L’unico che si è opposto, ma solo per essere stato escluso dalla spartizione dei fondi del Centenario, è stato lo scissionista Nuccio Ordine, il quale ha messo in atto una vera e propria lotta per il controllo del territorio, con il sostegno delle Belles Lettres in Francia e dell’Istituto studi filosofici in patria. Dopo essersi lamentato per anni di quelle che lui definiva operazioni mafiose, nel momento in cui ho portato all’attenzione dell’opinione pubblica con documenti e prove di fatto, il malaffare che girava intorno a Bruno, si è ritirato dietro le quinte, perché l’omertà che vige nell’ambiente accademico è superiore perfino a quella mafiosa. Nella malavita ogni tanto c’è qualche pentito, nel mondo accademico mai! Anche quando litigano continuano a mantenere nei confronti degli esterni al loro mondo un’omertà totale. Oscuri professorucoli di secondo piano, pur essendo continuamente tartassati e umiliati, subiscono in silenzio ogni sorta di soprusi per paura di ritorsioni. In effetti si possono capire i timori per la loro attività professionale. Ho visto personalmente giovani studiosi elemosinare quasi in ginocchio una cattedra senza mai ottenerla, per aver osato pubblicare, con l’aiuto dei clericali, un libro di successo su Bruno. E’ questa la situazione che disgusta. Se uno riesce a schiantare autorità del mondo accademico come Aquilecchia e Badaloni, figuriamoci cosa potrebbe fare ad un misero docente universitario di secondo livello! La cosa che sorprende è che queste mezze calzette sono quelle che si rivelano più astiose nei miei confronti, anziché ringraziarmi perché sto facendo quello che loro non hanno il coraggio di fare. Sono convinto che dentro di loro, quando leggono le verità che io denuncio, godono intensamente, anche se poi in pubblico devono fingere di esecrare questo impudente parvenu per compiacere il loro padrino.
Chiunque non faccia parte dell’ambiente accademico viene guardato con occhio sospettoso ed invidioso, quando invece la non appartenenza a questo mondo dovrebbe essere la garanzia di non accampare nessuna pretesa a cattedre o finanziamenti.
L’opera distruttiva di Ciliberto è facilitata, se ce ne fosse bisogno, dalla sciagurata gestione del patrimonio bruniano, sia culturale che finanziario, da parte delle istituzioni nolane e napoletane, che non fanno niente per opporsi a questa situazione. Si rintanano in un provincialismo rassegnato, accontentandosi di organizzare qualche patetico convegno, sempre con le stesse facce, per dividersi famelicamente quei pochi fondi che riescono a rastrellare in giro. Questi personaggi fanno il gioco di Ciliberto che in Campania ormai non mette più piede da tempo, pur essendo napoletano, perché si tratta di una realtà ormai irrecuperabile. Ho sempre creduto nelle potenzialità di Nola, l’ho frequentata e ho cercato di stimolarla con i miei articoli, ma quando leggo notizie come quella delle recenti dimissioni del presidente della Fondazione perché “non c’è più un euro”, non posso dargli torto se quando gli si parla di Nola e soprattutto di coloro che a Nola vengono considerati i paladini di Giordano Bruno, commenta il tutto con un sorriso di scherno per “la volontà di potenza di quei pidocchi impazziti”.

“EROICO FURORE” Regia di FRANCESCO A. DE FALCO

“EROICO FURORE” Regia di FRANCESCO AFRO DE FALCO
Prodotto da LIBERA SCENA ENSEMBLE e dalla VALENTINI PRODUCTION,
ANDRA’ IN ONDA SULL’EMITTENTE TELEVISIVA COMING SOON TELEVISION!!!

I GIORNI 23 E 24 DICEMBRE 2009, RISPETTIVAMENTE ALLE 23:00 E ALLE 12:00.

“Coming Soon Television è un’emittente televisiva italiana dedicata interamente al mondo del cinema”.
(Canale 180 sul decoder di Sky e sul Digitale Terrestre)

link youtube per visionare il trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=0NjyjOhrp-U

Eroico furore

“EROICO FURORE” regia di Francesco Afro de Falco è stato selezionato tra oltre 2.500 lavori al “I’ve Seen Films International Competition”!

DIREZIONE ARTISTICA di RUTGER HAUER
Alcuni nomi della giuria del festival: RIDLEY SCOTT – ROBERT RODRIGUEZ – CHRISTOPHER NOLAN!

conferenza rosacroce LIBERA SCENA ENSAMBLE – REGIONE CAMPANIA E LA VALENTINI GROUP INTERNATIONAL
INFORMANO:

FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA
D’ARTE DI BERGAMO
500 film da oltre 60 Paesi…

Dopo un attento e non facile lavoro, della Giuria, presieduta da Vittorio Sgarbi…

Selezionati 30 lavori, 12 film e 18 cortometraggi…

In Bergamo, Piazza Mascheroni dal17 al 25 Luglio…unico cortometraggio italiano in concorso:

“EROICO FURORE” regia di Francesco Afro de Falco.


Eroico Furore
l’affascinante “corto” di Francesco Afro De Falco

Afro De Falco

Con il cortometraggio “Eroico furore”, Francesco Afro De Falco riesce nell’impresa non facile di offrire, in un quarto d’ora di ripresa, un suggestivo scorcio del complesso e magmatico universo Bruniano. Il merito di Francesco non risiede tanto nella scrupolosa ambientazione o nella prospettiva raffinata e intelligente da cui guarda la vicenda Bruno, attraverso i tormenti che assillarono Bellarmino dopo la fatale decisione che portò al rogo infame, quanto nell’aver saputo dare dei flash il più possibile significativi della personalità e dei capisaldi del pensiero del filosofo. Sono queste le operazioni di cui c’è bisogno per stimolare l’interesse soprattutto dei giovani nei confronti di questo grande personaggio!
Naturalmente l’impresa sarebbe stata impossibile senza un interprete incisivo e ispirato quale si rivela Lello Serao in questa piccola gemma, mettendo a frutto la riflessione e lo studio maturati sul personaggio nella precedente esperienza della Cena delle Ceneri, rappresentata due anni fa, sempre con la Libera Scena Ensemble, nell’ambito della rassegna Museum.
Lello ci dà un Bruno credibile, sia per le coloriture ambientali che per l’entusiasmo e l’immedesimazione che traspaiono nella sua interpretazione. In definitiva un lavoro ben levigato e prezioso quello del giovane regista napoletano, assecondato e sostenuto da una troupe affiatata e professionale.
Guido del Giudice

GUARDA IL TRAILER

Fonte: http://www.lavorare-spettacolo.com/ATTUALITA’/Notizie-dello-spettacolo/Giordano-Bruno,-Eroico-Furore/

IN POST-PRODUZIONE “GIORDANO BRUNO, EROICO FURORE”

E’ in fase di Post- Produzione l’attesissimo “Giordano Bruno, Eroico Furore”, cortometraggio prodotto da Libera Scena Ensemble, in Co.produzione con la Film Commission Regione Campania e in Produzione Associata con la Valentini Production Group International S.r.l. di Maurizio Valentini. Nel cortometraggio vi sono attori importanti quali Lello Serao (nel ruolo del protagonista Giordano Bruno) Renato Carpentieri, Lucio Allocca ed altri.

Per voi di “Lavorare Nello Spettacolo” abbiamo intervistato il regista del progetto Francesco Afro De Falco, il produttore Maurizio Valentini, e l’attore protagonista Lello Serao, i quali ci hanno parlato approfonditamente di questo ambizioso progetto, ma ci hanno anche confessato in esclusiva tutti i loro nuovi progetti ai quali stanno lavorando.

L’intervista a Francesco Afro De Falco, regista e sceneggiatore di “Giordano Bruno, Eroico Furore”:

Chi ha prodotto “Giordano Bruno”?

Il progetto è stato prodotto da Libera Scena Ensemble, in Co.produzione con la film Commission Regione Campania, e inoltre, in Produzione Associata con la Valentini Production Group International S.r.l. di Maurizio Valentini, produttore, regista, sceneggiatore che voi tutti conoscete, visto i tanti articoli e interviste che Lavorare nello spettacolo gli ha dedicato.

Raccontaci un po’ di questa esperienza.

L’esperienza di eroico furore ha cambiato fortemente la mia formazione artistica. Trovarsi a lavorare con un cast di attori di grande livello è di sicuro molto stimolante e piacevole, ma comporta anche una buona dose di responsabilità. Occorre credere molto in ciò che si fa, ed avere forza a sufficienza per trascinare l’intera troupe che si è messa in gioco con te, e che come te di sicuro vuole portare a termine un buon lavoro. Devo ringraziare tutti gli attori, in particolare Lello Serao (Giordano Bruno) che fin dall’inizio ha creduto in me e in questo progetto. Un ringraziamento speciale va a Renato Carpentieri che è stato disponibilissimo concedendoci, nella parte del cardinale bellarmino, un bellissimo cameo, al mio amico Produttore Maurizio Valentini e tanti altri amici che mi hanno aiutato a realizzare questo progetto.

Perché Giordano Bruno?

Prima di tutto sono un appassionato di storia, mi piace molto il cinema in costume, e credo che il cinema esprima tutto il suo potenziale quando rievoca un fatto passato, diventa come una macchina del tempo. Ritornando a “Bruno”, è una figura che mi ha sempre affascinato, un guerriero instancabile, un eroe del pensiero ma soprattutto perché amava definirsi “accademico di nulla accademia”, cioè fuori da quel sapere pedante e preconfezionato degli accademici; insomma era una grande uomo d’azione che con coraggio e fermezza ha voluto sfidare l’intero sistema restando immortale nel corso dei secoli. Il lavoro è in post-produzione ed è in fase di montaggio, curata dal sottoscritto e sostenuta da Maurizo Valentini.

Progetti futuri?

Certo, un altro lavoro storico su un personaggio emblematico del 1700…

Sarebbe?

Per il momento non vorrei aggiungere altro…

CAST LIST RUOLI:
LELLO SERAO (GIORDANO BRUNO)
STEFANO JOTTY (INQUISITORE) PROTAGONISTA
PAOLO CRESTA (DOMENICANO) COPROTAGONISTA
RENATO CARPENTIERI (CARDINALE BELLARMINO)
ANTONIO CONFORTI (CARDINALE)
OTTAVIO COSTA (CARDINALE 2)
ANTONELLO COSSIA (FRA CELESTINO)
GIANCARLO GNOLO (CARCERATO)
LUCIO ALLOCCA (CARCERATO 2)

Il Produttore Associato, Maurizio Valentini:

“Giordano Bruno, Eroico Furore” ha rappresentato per tutti un’esperienza straordinaria, lasciando in ognuno di noi un emozione unica. Il progetto ha vinto il premio Internazionale Giordano Bruno, consegnato dalla Federico II di Napoli al giovane regista. Una bella soddisfazione per tutti noi, ma soprattutto per me, visto che il regista, sceneggiatore del progetto, Francesco Afro De Falco, è anche il direttore artistico della “Valentini Production Group International”. Lasciatemi dire che, questo personaggio, qual è appunto il regista da me citato in questa intervista, ha una sensibilità artistica notevole, uno stile di raccontare la storia non comune a tutti, al disopra le righe. Se questo deve essere il futuro del cinema Italiano, ben venga.. Grazie anche al cast di grandissimo rilievo, come Renato Carpentieri, Lello Serao, Lucio Allocca, etc. etc. che con grande professionalità hanno contribuito alla realizzazione di questo piccolo capolavoro; Un sentito ringraziamento va inoltre a tutto il mio staff che con il proprio lavoro permette a tutti i nostri progetti di andare sempre a buon fine!

Lello Serao, interpreta Giordano Bruno, dice:

Per ciò che mi riguarda dal punto di vista interpretativo ho cercato di dare a Bruno quell’irruenza caratteriale e quella solidità delle proprie convinzioni che sono state al contempo il modello della sua vita, ma anche la certezza della condanna e della morte.

Quella di Bruno rimane ad oggi una morte scomoda, le sue tesi e i suoi ammonimenti rappresentato un nodo ancora da sciogliere e lo si percepisce ogni volta che di Bruno si parla.

In Italia resta una ferita non sanata e l’oblio di cui spesso lo si circonda è un segnale evidente di questo disagio. Posso con certezza affermare che Bruno appartiene di più alla cultura europea che a quella italiana e il corto che abbiamo voluto girare vuole essere un omaggio a Bruno, ma anche il tentativo di riaprire la discussione. Un grazie lo devo rivolgere a tutti quelli che hanno voluto affiancarci in questa fatica, dagli attori, ai tecnici, al direttore della fotografia, agli autori, ai tanti che con amore hanno permesso la realizzazione di questa piccola perla e un grazie particolare a Francesco Afro De Falco, regista, sceneggiatore dell’opera, le cui doti hanno permesso una regia attenta, scrupolosa e ricca di suggestioni.

Che cosa ha rappresentato per lei girare in una location così piena di storia e cultura.

E’ stato un susseguirsi di felici condizioni, sebbene non siano mancati i problemi, ma riuscire a girare dentro i suggestivi ambienti della Certosa di San Martino è stato come assorbire per un attimo gli odori di un tempo ormai passato e in alcuni casi è stato come se fossimo accompagnati da un’aurea benefica, Bruno era lì con le sue parole e il pronunciarle imponeva rigore e rispetto.

Fondazione “Parco Letterario Giordano Bruno”: Cronaca di un fallimento annunciato!

da “Il Mattino online” del 18/11/2009

«Non ci sono più soldi». Michele Mezza, presidente della Fondazione «Parco letterario Giordano Bruno» annuncia le dimissioni. Dopo nemmeno un anno di mandato. La Biennale, la rete delle scuole e perfino la web-tv. Tutto nel segno di Giordano Bruno. E di Nola, la città che gli ha fatto da culla. La fondazione «Parco letterario Giordano Bruno», nata dalla fusione di due esperienze fallimentari come il parco letterario e la fondazione istituita dal Comune, aveva annunciato in pompa magna il proprio manifesto regalando perfino culturali assaggi durante le celebrazioni bruniane dello scorso anno. Poi ieri il j’accuse di Michele Mezza, il giornalista che dallo scorso anno la Regione Campania di concerto con il Comune, ha posto a capo dell’organismo: «Non ho gli strumenti per lavorare, mi dimetto». Un fulmine a ciel sereno. Un annuncio a sorpresa durante la cerimonia di consegna del Premio Felix – città di Nola, ricevuto dal giornalista di origini nolane, anche per gli sforzi compiuti nell’ultimo anno. «A pochi mesi dalle celebrazioni del 2010 – ha spiegato Michele Mezza – non sarei più in grado di garantire quanto avevamo previsto. Non c’è un contesto minimo. Manca una strategia di marketing territoriale che consideri la cultura volano di sviluppo». Una denuncia diretta a tutti: Regione, Provincia e Comune. «Non ho più un euro» ha detto Mezza davanti alla folta platea che affollava l’aula consiliare: «Il 10 dicembre ci sarà un’assemblea degli studenti con il vescovo. Presenteremo un libro che avrebbe dovuto far parte di una intera collana. Rimarrà l’ultimo». L’amaro in bocca. L’entusiasmo frenato da ragioni da cassa o, per dirla con Mezza «dalla effettiva mancanza di volontà. Mi spiace solamente per i giovani». Carmen Fusco

da “Il Nolano.it” del 17/11/2009 Anno II Numero 321

michele_mezza FondazioneNOLA – Il ‘premio Felix città di Nola’, promosso dalla associazione socio-culturale “Gli innamorati della Festa”, spegne la sua settima candelina. Si è svolta ieri sera la cerimonia di premiazione dell’evento, diventato un classico in cartellone nei giorni di festeggiamento per il santo patrono della città, che vuole riconoscere e valorizzare quanti abbiano, con il loro talento e le proprie qualità, dato lustro alla città di Nola ed al suo territorio. La serata, moderata dal giornalista Antonio D’Ascoli e dal consigliere comunale Franco Nappi, ha visto la presenza del presidente della provincia Cesaro, del sindaco Biancardi e delle più alte cariche della città. La simbolica campana di bronzo con su le effigi di San Paolino, San Felice e Giordano Bruno, quest’anno è stata consegnata, come dichiarato dall’assessore alla cultura Maria Grazia De Lucia “ a due professionisti che operano in ambiti diversi ma che sono accomunati dall’espressività, e dal loro riuscire ad imporsi nei propri campi di riferimento”: il portiere del Livorno Alfonso De Lucia, ed il giornalista Michele Mezza, presidente della Fondazione Giordano Bruno. Ma quest’ultimo, protagonista di un fuori programma durante il suo discorso di presentazione, ha dichiarato la propria volontà di dimettersi dal ruolo che occupa all’interno della Fondazione “a causa dello stato di fermo dei lavori, e delle troppe promesse non mantenute. Ai ‘dobbiamo fare’, ai ‘facciamo’, e ai ‘faremo’, c’è un limite insormontabile: il calendario”. I lavori della biennale tutta dedicata al filosofo nolano, sarebbero infatti troppo indietro ormai per permetterne la riuscita e il giornalista non se la sentirebbe di gestire una piattaforma “in declino”. Immediata la replica del sindaco Biancardi, che ha sottolineato come “la figura di Michele Mezza sia importantissima a capo della Fondazione, ma che qualora non dovesse esserci più la volontà da parte sua di guidarne i lavori, ci sarebbero altri pronti a prendere il suo posto”.  Gianluca Amato

I have a dream!
di Guido del Giudice

Una Fondazione “nata dalla fusione di due esperienze fallimentari” non poteva che essere un fallimento! Poco mi consola constatare: “Che vi aspettavate? Ve l’avevo detto.” Quel che sconforta è che questi affaristi si sono mangiati tutti i contributi, senza creare nulla di duraturo per Nola e per il suo geniale figlio: non un museo, non una mostra permanente. Per appagare la megalomania e la brama di passerella di politici, giornalisti e accademici sono stati sperperati fondi in roboanti spettacoli, planetari utilizzati un paio di volte e poi lasciati marcire e, dulcis in fundo, in quella che con toni enfatici e parole altisonanti era stata presentata come “Biennale Bruniana” e che rischia, a quanto pare, di durare solo qualche mese. Sul valore scientifico di questa iniziativa, ci siamo già ampiamente espressi. Del resto, altro  non ci si poteva aspettare nel momento in cui ci si è affidati ai soliti loschi personaggi del malaffare accademico. Se la fondazione doveva servire a realizzare operazioni del genere o una collana di libri su Bruno da presentare al Vescovo, allora molto meglio che sia fallita! Dopo aver dilapidato tutto in queste iniziative di nessun valore, il “presidente” annuncia che non ha più nemmeno un euro per poter tributare un minimo omaggio al Nolano in occasione delle celebrazioni del 2010! Il prossimo 17 febbraio non si potrà acquistare nemmeno quella striminzita coroncina di alloro che ogni anno in pompa magna il solito sparuto gruppo di appassionati ha deposto ai piedi del monumento in piazza Giordano Bruno!
Quando poi si dichiara dispiaciuto per i giovani è addirittura commovente! Ma cosa avete fatto per i giovani? L’unica iniziativa valida, il Certame Bruniano, era stata portata avanti con sacrificio e soluzioni forzatamente minimaliste, per mancanza di aiuti economici, da Angelo Amato e avete affossato anche quella!
Possibile che non si possa fare qualcosa di meglio? Basterebbe che, invece di pensare subito a come spartirvi i soldi dei finanziamenti con eventi estemporanei, se ne destinasse almeno una parte alla creazione di una struttura stabile, che possa attrarre le migliaia di appassionati del Nolano sparse in tutto il mondo, che mi chiedono continuamente notizie sulla patria del grande filosofo. Con la mole di materiale di ogni tipo, editoriale, teatrale, cinematografico, che è stata prodotta nell’ultimo decennio si potrebbe realizzare, ad esempio, una mostra come quella organizzata a Roma nella Biblioteca Casanatense nel 2000 o quella di quest’anno a Milano, che accolga stabilmente testi originali, microfilm, e tutto quanto riguarda il Nolano. Con i mezzi della moderna tecnologia si potrebbe arricchire il tutto con film in 3D, contenuti multimediali e altro ancora, come ormai viene fatto in tutto il mondo per argomenti e reperti certamente meno interessanti. Nola, con la sua ricca e prestigiosa storia, potrebbe certamente offrire una location adatta allo scopo. Penso al castello di Cicala, che potrebbe diventare l’ideale polo di attrazione per un turismo culturale che arricchirebbe l’intera comunità.
So cosa volete dirmi: finché in questo paese la politica continuerà a spadroneggiare con arroganza sulla cultura tutto ciò rimarrà solamente un sogno. Ma che anche sognare ci sia impedito da una banda di cialtroni ignoranti, che sperperano senza vergogna anche quelle piccole risorse economiche e intellettuali con le quali si potrebbe cominciare a realizzare qualcosa di valido, non possiamo più tollerarlo!

Biennale bruniana: Cambiano i musicanti, ma la musica è sempre la stessa!

Giordano chiama il pane, pane; il vino, vino…ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture…stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti.

di Guido del Giudice

Ricordo quando l’esimio prof. Nuccio Ordine mi telefonava in continuazione per rimproverarmi perché, a suo dire, non davo abbastanza risalto su questo sito alle sue iniziative o, peggio ancora, coprivo le responsabilità del prof. Michele Ciliberto. Quando poi, nel rispetto della verità, ho lanciato una campagna contro il mondo accademico, rivelando i finanziamenti miliardari che proprio il suo nemico gestiva, non lo si è più sentito! Sparito, volatilizzato: eppure sarebbe stata l’occasione per metter fuori tutto quel che sapeva, le magagne più volte denunciate, gli atteggiamenti mafiosi e peggio ancora, dei quali si era lamentato spesso con me. Invece, ecco che l’omertà del mondo accademico diventa più forte di qualsiasi rivalità!

Per capirne il motivo basta guardare il programma della neonata “Biennale Bruniana”.
In una sola pagina leggiamo:

-Coordina Nuccio Ordine -direttore scientifico Biennale Bruniana

-Coordina Nuccio Ordine (Direttore scientifico “Fondazione P.L. Giordano Bruno”)

-Con il patrocinio scientifico del Centro Internazionale di Studi Bruniani dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (di cui chi è il “Segretario generale”? Nuccio Ordine!).

Il fatto di non essere stato neppure informato dell’iniziativa (e meno che mai invitato) è ancora dovuto alla mia fede cilibertiana? Non credo proprio.

E allora? Come mai si parla di “Infiniti mondi e ordinaria virtualità” e non si invita il pioniere e il riferimento indiscusso di Bruno su Internet, come vengo ironicamente apostrofato dagli stessi tromboni accademici?

Come mai si affronta un tema come “La filosofia di  Bruno incanta l’Oriente” e non si pensa a colui che, secondo indegnamente solo al grande Lorenzo Giusso, ha portato all’attenzione l’argomento con un libro, “La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra Oriente e Occidente”, pubblicato già nel 2005? Forse perché la presentazione del libro era di Michele Ciliberto?

Per non parlare della presentazione del Codice Norov, di cui, per prima, la piccola, grande Olga Podlazova mi fornì le foto, scattandole di nascosto per pubblicarle sul sito, già cinque anni fa. Sarebbe stata l’occasione ideale per dedicare almeno un pensiero ad una persona eccezionale, per cui Bruno era diventato tanto importante da desiderare di raggiungerlo nell’universo!

Ma ormai si ascoltano solo quelli della propria fazione.  Ordine concede “il patrocinio” a chi decide lui: opere teatrali, commemorazioni bruniane di associazioni anticlericali, edizioni delle opere, e chi più ne ha più ne metta! L’intento è controllare il controllabile più o meno come si lamentava che facesse Ciliberto, strappargli delle zone di influenza per assoggettarle al suo controllo. Rientra in questa campagna di “acquisizioni” perfino il Certame Bruniano di Aniello Montano e Angelo Amato.

Con il mio sito sono stato uno tra i primi a sostenere e propagandare l’iniziativa tra i giovani, mi sono battuto per essa e ho avuto il piacere e l’onore di premiare con miei libri alcuni dei suoi promettenti vincitori. Quest’anno non sono stato neppure invitato! Che pena! Che meschinità!  ( a proposito, prof. Ordine, le segnalo una grave dimenticanza: sulla locandina dell’evento è ancora presente l’indirizzo del mio sito internet! Lo faccia cancellare subito.).

Come si può chiamare presuntuosamente “Biennale bruniana” una rassegna in cui mancano quasi tutti i principali interpreti di Bruno? A parte la mia trascurabile assenza, si lasciano da parte autorevoli esperti, come lo stesso Ciliberto, Canone, Gatti o anche studiosi locali come Simonetti, Manganelli, Sabbatino, per affidare presidenze di fondazioni, di parchi, di associazioni a gente che di Bruno non sa un bel nulla! Pensate che esageri? Vi sfido allora ad una pubblica disputa, dove e quando volete! Vi do tutto il tempo che vi occorre per studiare e prepararvi, tanto Bruno non lo si capisce leggendone qualche paginetta qua e là!

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Il monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, dove il filosofo morì il 17 febbraio 1600

Bisogna penetrarne il carattere, l’umore! Abbiamo a Nola, a Napoli, in Campania, grandi conoscitori e interpreti del Nolano. Senza offesa per gli illustri studiosi che hanno partecipato a questa biennale, non abbiamo bisogno che ci vengano a dire chi è Giordano Bruno dalla Calabria, dal Veneto o da Milano o addirittura dalla Spagna, dal Giappone o dalla Russia. Lo sappiamo benissimo chi è Giordano Bruno. Non c’è bisogno di salire sui pulpiti universitari o di scrivere complicati e astrusi saggi o tenere celate ancora le sue opere, per tradurle col contagocce per scopi di lucro, magari in lingua straniera piuttosto che in italiano! E’ ora di finirla con questa contrapposizione tra due sedicenti scuole di pensiero bruniano, quella di Ciliberto e di Ordine tanto per non fare nomi, che pretendono di porre il veto o l’imprimatur su tutto ciò che riguarda il Nolano, favoriti dall’acquiescenza e dalla sottomissione di coloro che dovrebbero essere i garanti della tradizione bruniana  ma spesso non sanno neanche parlare italiano: sono lì solo per il fatto di far parte della nomenclatura accademica o, peggio ancora, di quella politica!  Così avalliamo interpretazioni di studiosi e artisti stranieri che, per quanto validi, il pensiero di Bruno non sanno neanche dove  sta di casa! Lasciamo che il suo pensiero sia strumentalizzato per fini politici, anticlericali all’eccesso, assistendo ad atti di intolleranza superiori a quelli che egli dovette sopportare in vita. Continuiamo in quella stessa tradizione di sudditanza per cui le sue conquiste di pensiero furono poi sfruttate da Galilei o da tutta una serie di pensatori successivi che neppure lo nominarono.

Ciò che state facendo non può non far dispiacere e preoccupare tutti coloro che nutrono una vera passione per Bruno. Quella passione dalla quale dite di essere ispirati mentre invece l’unico vostro intento è quello di sostituire una “mafia” (come voi stessi la  definite) con un’altra.

Sono fiero di  Francesco Afro de Falco che ritengo un degno interprete del Nolano. Egli fa parte di quella schiera di giovani per i quali mi sono sempre battuto attraverso il mio sito e che ho cercato modestamente di indirizzare e di stimolare ad appropriarsi dell’eredità di pensiero di Giordano Bruno, cosa che  Francesco ha fatto brillantemente insieme a Lello Serao, a Renato Carpentieri e a tutta la Libera Scena Ensemble, nel suo cortometraggio “Eroico Furore” e nella piece teatrale che lo ha preceduto e che ne ha costituito il laboratorio. Insieme porteremo questo progetto nelle scuole ed è la cosa che più mi interessa perché sarà il vettore ideale per comunicare ai giovani il vero messaggio bruniano. A proposito, Nuccio, ti avverto che il lavoro è stato realizzato anche con una mia modesta consulenza . Adesso o lo escludi dalla “Biennale o fai cancellare il mio nome dai ringraziamenti dei titoli di coda e lo sostituisci con il tuo patrocinio!

Vere scoperte e falsi scoop! di Guido del Giudice (Leggi…)

Bruno e Copernico, relativisti ma non contro Dio – G.Giorello, CdS.

giovedì, 22.02.2007
ANTICIPAZIONE Le ragioni della rivoluzione scientifica nel saggio di Nuccio Ordine
Bruno e Copernico, relativisti ma non contro Dio

Di fronte a un universo infinito si opponevano al dogmatismo
di Giulio Giorello

Oggi, alle 17.30, nella scatola magica del Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi, Milano) Edoardo Boncinelli, Giulio Giorello e Salvatore Veca presentano il volume di Nuccio Ordine “Contro il Vangelo armato. Giordano Bruno, Ronsard e la religione” (Raffaello Cortina Editore, pp.350, 28). Sarà presente l’ autore. Qui di seguito anticipiamo alcuni brani della prefazione al libro scritta da Giulio Giorello. Il Mamfurio è un personaggio del Candelaio, un’ opera di Giordano Bruno. Ricompare nelle vesti di Prudenzio nella Cena de le Ceneri, un’ altra opera del maestro di Nola, dove si mettono in scena la nuova concezione del cosmo di Copernico e l’ idea di un universo senza confini. Nome quanto mai appropriato, Prudenzio: è definito “più prudente che la stessa prudenzia” in quanto rappresenta “la prudenzia masculini generis”. E così si svela quale sia il ruolo negativo dell’ educatore secondo Bruno: quello di riportare nei ranghi della tradizione qualsiasi nuova idea, o stile di vita, che abbia il torto di andare contro la costellazione dei pregiudizi stabiliti. Per tutti i cinque Dialoghi della Cena, Prudenzio cercherà infatti di contrastare, o almeno banalizzare, le “novità” introdotte dal Nolano: la “eretica” idea che la Terra si muova – ruotando sul proprio Giulio Giorelloasse e orbitando intorno al Sole -, la convinzione che “non più la Luna è cielo a noi, che noi alla Luna”, la dichiarazione del carattere relativo di movimenti sufficientemente regolari, l’ assenza di centro assoluto in un Cosmo infinito, la concezione delle stelle come altrettanti soli, centri (relativi) di sistemi planetari non dissimili dal nostro, per non dire dell’ interpretazione come metafore, o allegorie, di non pochi passi delle “divine scritture”. A proposito delle quali, d’ altra parte, Teofilo, portavoce di Bruno nei cinque Dialoghi, soggiunge che “Dio parla per ironia”. Gli educatori, invece, no. Dall’ ironia si sono esclusi per principio e solo la lettera di (qualsiasi) “scrittura” per loro ha valore. Ciò ne giustifica, per altro, il ruolo: costituiscono il filtro contro cui faticosamente deve farsi strada la novità filosofica, scientifica o politica che sia. Paradossalmente, finiscono talvolta (e al di là delle intenzioni) con l’ irrobustire quello che vorrebbero censurare. Quanto merito spetta a Prudenzio (o ai precisians oxoniensi, le cui belle imprese sono da Teofilo riferite nella Cena) nell’ aver stimolato la nolana filosofia a sviluppare un argomento di sapore relativistico? Almeno tanto quanto ne spetta al Simplicio personaggio del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) di Galileo Galilei.(…) Con questa apparente digressione siamo entrati in merito al volume che Nuccio Ordine ha dedicato alla complessa rete di corrispondenze tra il filosofo Bruno e il poeta Ronsard. Il titolo di un capitolo della prima versione (Albin Michel, Paris 2004) è diventato il titolo dell’ intero libro in questa nuova veste: Contro il Vangelo armato – e la ragione è proprio in quel filo rosso dei pedanti che abbiamo sopra delineato. Ordine ci mostra che l’ educatore alla Prudenzio (o alla Mr Deasy) è solo l’ altra faccia del fanatico religioso che si nasconde dietro la puntigliosa esegesi del testo scritturale. I più svariati propugnatori del Vangelo armato sono accomunati non solo dalla commistione tra fides e religio, ma dalla presunzione di infallibilità e dall’ ossessione “pedagogica” di volere plasmare gli altri a propria immagine e somiglianza. Parafrasando Ronsard, potremmo dire che costoro ci vogliono imporre di sognare i sogni concepiti da quelle che ritengono le loro indiscutibili autorità – si tratti di “papisti” o di “ugonotti” in terra di Francia, o di puritans (l’ altro nome dei precisians) nella remota Britannia. Sono insieme causa e sintomo di un morbo che produce “un mondo ammalato”, per usare un’ espressione di Bruno. Il rimedio proposto dal Nolano è l’ indagine spregiudicata e irriverente di qualsiasi fondamento (nonché la traduzione di questo atteggiamento nella pratica politica e nel disegno delle istituzioni). Si tratta di una filosofia che difficilmente poteva allora (o potrebbe oggi) venir prospettata come una variante del cristianesimo storico, lacerato all’ epoca tra Riforma e Controriforma. È semmai una prospettiva non tanto anticristiana quanto postcristiana – sia sul kosmos sia sulla polis. Giustamente Ordine insiste che in Bruno questa “relativizzazione dei dogmi” si sposa col suo relativismo cosmologico: nell’ Universo “senza margini”, in assenza di un centro assoluto, l’ unico centro possibile è quello di chi osserva. Con il che viene meno la pretesa totalizzante di qualunque fede – sarei tentato di aggiungere che il discorso vale anche per confessioni non prese direttamente in esame dal Nolano. L’ analisi di Ordine si focalizza soprattutto su uno dei testi all’ apparenza più ambigui di Bruno, lo Spaccio de la bestia trionfante. Lo stesso Nolano, nella Epistola esplicatoria (“al molto illustre et eccellente cavalliero signor Filippo Sidneo”), avverte il lettore che utilizzerà l’ espediente di “preponere certi preludii a similitudine de musici: imbozzar certi occolti e confusi delineamenti et ombre, come gli pittori; ordire e distendere certe fila, come le tessitrici; e gittar certi bassi, profondi e ciechi fondamenti come gli grandi edificatori”. Ma Ordine è uno di quei lettori di Bruno che è capace di penetrare “entro la midolla del senso”, grazie al suo sforzo di definire il contesto in cui si inserisce lo Spaccio: un intreccio di temi cosmologici, etici e politici, in un mondo piagato dalla guerra civile. Anche lo Spaccio ha il carattere di un’ ouverture – una sorta di grande premessa a un successivo dispiegamento della “moral filosofia” – e proprio per questo, stando ai canoni retorici dell’ epoca, può attingere liberamente al repertorio mitologico, secondo un archetipo che risale almeno a Luciano di Samosata. Nello Spaccio, come è noto, il sommo Giove vuol purgare il cielo dalle “quarantotto famose imagini”” che hanno finito col raffigurare i vizi più bestiali. Quello che viene riformato è manifestamente il cielo aristotelico-tolemaico che Copernico aveva iniziato a smantellare. (…) Il programma di Bruno non suoni contraddittorio. Come si è visto – citando lo stesso Amleto – il Nolano spicca tra i filosofi dell’ epoca sua per “non essersi limitato ad accettare la realtà del cosmo copernicano, ma averlo sviluppato verso la decisa affermazione di un universo infinito in atto e omogeneo (…) e del resto necessariamente infinito in quanto effetto unico e totale (…) dell’ infinita potenza-bontà-volontà divina”.

Omaggio a Bruno, profeta di libertà.

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Carmen Fusco

«Il filosofo degli Eroici furori, l’uomo ”contro” oggi non avrebbe trovato spazio. E sarebbe stato condannato al rogo dell’indifferenza, dell’oblio»: il palco non era quello del teatro Parioli di Roma ma Maurizio Costanzo, calcando le scene dell’Umberto di Nola, ha voluto rendere il suo personale omaggio a Giordano Bruno che «a soli 17 anni, mentre i suoi coetanei di oggi inviano sms, scrisse lo Spaccio della bestia trionfante, un’opera che meriterebbe di essere conosciuta di più». L’occasione è stata quella delle celebrazioni in occasione dei 407 anni della morte del filosofo, nato a Nola nel 1548. La città che gli ha fatto da culla, ieri, ha voluto ricordare il più illustre dei concittadini invitando accademici ed esperti di comunicazione. E Maurizio Costanzo ha lanciato un appello agli editori: «Le opere di Giordano Bruno sembrano scritte l’altro ieri. Pubblicatele». E mentre dalla terra di nascita di Giordano Bruno si parla di rivalutazione da una scuola di Alghero, in Sardegna, giunge la testimonianza spontanea di quanto ancora l’eretico sia una figura seguita ed apprezzata. In occasione dei 407 anni dalla sua morte, gli alunni di un liceo classico si sono tassati ed hanno fatto pubblicare un necrologio sulle pagine di «Repubblica»: «Giordano Bruno, vero filosofo, profeta dell’infinito, martire del libero pensiero. Le classi 2° del liceo ”Manno” lo ricordano e lo invitano alla riflessione». Paralleli tra l’epoca delle «grandi intelligenze» e il mondo di oggi «che sta vivendo una stagione di povertà intellettuale» hanno poi fatto scivolare il discorso su un Giordano Bruno «comunicatore» che, per Costanzo, «non può essere paragonato a nessuno». Neanche a Beppe Grillo. La modernità del pensiero del filosofo degli Eroici furori, l’attualità delle opere e dell’insegnamento sono stati il filo conduttore di un animato dibattito che, in perfetto stile «Maurizio Costanzo show», ha animato la giornata nolana delle commemorazioni. Sul palco dell’Umberto anche due studiosi di Giordano Bruno: Antonio Cocozza, docente alla Luiss di Roma ed all’università di Chieti e Luigi Punzo, ordinario di storia della filosofia e preside del corso di laurea in Scienze della comunicazione dell’ateneo di Cassino. «Giordano Bruno – ha sottolineato Cocozza – ci ha tramandato un insegnamento importante sull’approccio critico ai fenomeni sociali e culturali. Ha teorizzato il confronto aperto con tutti, senza preconcetti». Del Nolano, Cocozza ha anche evidenziato la modernità «di una visione global e di un approccio glocal», sottolineando così il profondo rapporto di Bruno con il territorio di appartenenza e la dimensione europea. Dimensione approfondita anche da Luigi Punzo che ha definito il filosofo «un mercante della cultura» il cui merito è stato quello «di aver messo in circolo la civiltà italiana in tutt’Europa». Punzo e Cocozza entreranno a far parte del comitato tecnico scientifico della Fondazione «Giordano Bruno», presieduta dal vice presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti, Mimmo Falco: «Le celebrazioni di quest’anno – ha detto sottolineando la riuscita della manifestazione – rappresentano solo il primo passo verso il rilancio dell’opera del filosofo. Organizzeremo un premio letterario che si affiancherà alla fiction ed ai fumetti che già abbiamo intenzione di fare».

La terza via di Giordano Bruno

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3/2/2007 (8:41) – NÉ COL PAPA NÉ CON LUTERO

Il filosofo arso vivo per eresia nel febbraio 1600 aveva un progetto per la pace religiosa
Anna Foa
«Di Roma, li 19 febraro 1600 […] Giovedì fu abbrugiato vivo in Campo di Fiore quel frate di san Domenico, da Nolla, eretico pertinace, con la lingua in giova per le bruttissime parole che diceva, senza voler ascoltar né confortatori né altri. Sendo stato dodici anni in prigione al S. Officio, dal quale fu un’altra volta liberato».
È una delle scarsissime testimonianze dell’epoca che ci descrivono il rogo di Giordano Bruno. Il filosofo venne arso vivo in piazza Campo de’ Fiori il 17 febbraio dell’anno santo 1600. A Roma è Papa dal 1592 – e lo sarà fino al 1605 – Clemente VIII, il fiorentino Aldobrandini, un pontefice che unisce a una rigorosa pietà controriformistica, testimoniata anche dall’intensa attività repressiva, un senso della misura politica che lo ha appena spinto, nel 1598, a riconoscere come re di Francia Enrico IV di Borbone, e con lui, sia pur con non poche difficoltà, l’editto di Nantes, cioè l’editto di tolleranza del calvinismo in Francia. L’anno giubilare 1600 rappresenta l’apice del successo del suo pontificato, e la Roma in cui arde il rogo di Bruno è una città fastosa in cui si erge nuova la cupola michelangiolesca di San Pietro, una città affollata all’inverosimile di pellegrini, i «romei», che visitano le sue chiese per lucrare indulgenze. Il perdono concesso durante gli anni giubilari, naturalmente, non aveva conseguenze sull’amministrazione quotidiana della giustizia.Le esecuzioni capitali, tanto di criminali comuni quanto di eretici, continuavano a svolgersi anche durante il giubileo. Quello della Roma giubilare era un teatro dove tra le processioni e le cerimonie religiose i roghi e gli atti repressivi della Chiesa della Controriforma non rappresentavano una nota discorde.

monumento rogo (Cinquecento)
Il monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, dove il filosofo morì il 17 febbraio 1600

A Roma le esecuzioni capitali sono un evento normale, abituale se non proprio quotidiano, un evento a cui la gente si reca come a uno spettacolo. In questo, l’Urbe non si differenzia in nulla dal resto delle società d’ancien régime.
Qui, fin dalla metà del Cinquecento, gli eretici condannati dovevano sottoporsi all’autodafé, il famoso atto di fede, cioè una pubblica abiura. I condannati dovevano presentarsi in pubblico, rivestiti di un abito penitenziale, detto «abitello», e recitare una formula di abiura. Solo dopo l’abiura formale dei loro errori avrebbero ascoltato la condanna emanata dal tribunale. Non tutti coloro che erano condannati per eresia venivano condannati a morte (nei periodi di più dura repressione la percentuale arrivò fino al 20%). Quelli che lo erano – eretici impenitenti o relapsi (cioè ricaduti nell’errore) anche se pentiti, o anche altri casi considerati particolarmente gravi – venivano rilasciati, cioè consegnati al braccio secolare perché si occupasse dell’esecuzione. In teoria, infatti, la Chiesa non poteva spargere sangue; di qui l’ipocrita formula adoperata nel caso del rilascio al braccio secolare, che fu usata anche nel caso di Bruno: «come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor Governatore di Roma qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo però efficacemente che voglia mitigare il rigore delle leggi circa la pena della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilatione di membro»…
Ma chi era Giordano Bruno? Era indubitabilmente un filosofo di fama europea, ben consapevole del valore eversivo del suo pensiero. Ma allora: come mai nel 1592 pose fine al suo peregrinare in terra europea fermandosi a Venezia, e consegnandosi di fatto nelle mani dell’Inquisizione? Secondo alcuni studiosi – Corsano ma anche Garin e Luigi Firpo, il dottissimo editore dei testi processuali di Bruno – tra i progetti di Bruno era anche un progetto politico religioso volto a instaurare in Europa una pace religiosa fondata sulla riduzione dell’Europa a una sola religione. Ma quale doveva essere quella religione?
Per Bruno, che allora aveva trovato rifugio nella Germania protestante, questa religione non poteva essere il protestantesimo. Se mai per un momento egli davvero pensò ad attuare i suoi progetti politici sotto l’ombrello riformato, troppe erano le ragioni filosofiche e teologiche della sua ostilità di fondo ai luterani e ai calvinisti, in primo luogo la dottrina della giustificazione per fede, come risulta dalle testimonianze degli atti processuali oltre che dai suoi scritti, in particolare dallo Spaccio della bestia trionfante. Dunque, non poteva essere che sotto l’ombrello del cattolicesimo, un cattolicesimo che poco però aveva a che fare con quello esistente: un cattolicesimo riformato, in un’ottica politica legata non allo scontro confessionale ma alla pacificazione politica, come nell’ideologia della «terza via» nel conflitto tra protestanti e cattolici.
Bruno pensava che il contesto generale fosse favorevole per tornare e tentare di prendere a Roma un ruolo politico di primo piano, fors’anche di consigliere del Papa. Era stato, però, preceduto – in questa che potremmo chiamare illusione in un papato illuminato e riformatore – da Francesco Pucci, personaggio per molti versi a lui simile, intriso della stessa utopia pacificatrice e fiducioso nella protezione di Clemente VIII. Già calvinista e poi sociniano e poi di nuovo ritornato al cattolicesimo ma sempre in odore di eresia, Pucci tornò a Roma nel 1594, fu rinchiuso nelle carceri dell’Inquisizione (vi conobbe Campanella ma non Bruno) e fu decapitato e poi bruciato nel 1597.
Come è a tutti noto, Bruno non ebbe sorte migliore. Nel settembre 1599 il tribunale gli chiese una ritrattazione ampia e esauriente delle sue posizioni. Se avesse abiurato, avrebbe avuto salva la vita (dal momento che non aveva avuto condanne precedenti, non era relapso) e avrebbe potuto probabilmente finire la sua vita in qualche convento, e forse anche riprendere a scrivere. Se avesse rifiutato l’abiura, sarebbe divenuto un eretico impenitente, e quindi passibile di essere rilasciato al braccio secolare (la formula eufemistica dalla Chiesa usata per la condanna a morte, che doveva essere eseguita dalle autorità secolari). L’abiura era quanto il tribunale voleva ottenere, la vittoria della verità sull’errore, della fede sull’eresia. Senza abiura, il tribunale era sconfitto.
Ma Giordano Bruno, dopo alcune esitazioni, rifiutò l’abiura e la mattina del 17 febbraio, un giovedì, salì sul patibolo di Campo de’ Fiori.