Mocenigo colpisce ancora!

Stavo appena terminando di leggere il delizioso saggio di Gino Benzoni “Venezia come sfondo”, pubblicato in “Giordano Bruno:Destino e Verità”, che mi è giunta una notizia sconcertante e, al tempo stesso, emblematica: la lapide inaugurata il 22 settembre del 2000 a Venezia sulla facciata del palazzo dove Bruno fu arrestato non c’è più! E’ stata rimossa, pare, per volontà del proprietario del palazzo. Il saggio di Benzoni fu presentato proprio in occasione della cerimonia, e analizzava lucidamente il comportamento tenuto dalla Serenissima nei confronti del Nolano nella vicenda della sua fatale estradizione a Roma, che costituiva già per Francesco Paolo Sarpi, il consultore della Repubblica, una macchia indelebile nella tradizione di autonomia legislativa e culturale di Venezia. Tradimento che si aggiungeva a quello ancor più vile dell’infame Zuane Mocenigo. Bello dunque e suggestivo lenire con un gesto riparatore una ferita ancora sanguinante nella coscienza civile e filosofica dei veneziani. Ma gli entusiasti patrocinatori dell’iniziativa, e parliamo dell’Università Cà Foscari, della Fondazione Giorgio Cini, dell’ Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, avevano fatto i conti senza questo omino che, appena terminata la solenne cerimonia di scopertura, andate via le autorità, dissoltasi l’eco delle toccanti parole di circostanza, arriva e smonta tutto, lapide inclusa, gettandola magari nella spazzatura! Che immagine ridicola e squallida al tempo stesso! E’ il destino Bruniano che non si smentisce: la solita storia di un ciclico alternarsi di oblio e di esaltazione, di ammirazione e odio rancoroso, quasi beffardo contrappasso della sua amata “vicissitudine”. Venezia ne esce ancora una volta umiliata, confermando una tradizione di ambiguità nella storia dei suoi rapporti col Nolano. Confidiamo però che qualcuno, magari gli eredi di quei 30 coraggiosi che il 9 gennaio 1593 depositarono nell’urna una palla bianca, intervenga per accertare i particolari di questo episodio e porvi rimedio. Attendiamo notizie. Possibilmente confortanti.

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