Spia e doppiogiochista a caccia di cattedre universitarie per l’Europa o filosofo della natura che pagò con la vita la sua indifferenza alle fedi religiose? Che Giordano Bruno finisca periodicamente sotto processo è iscritto sia nel Dna del suo pensiero, che si muove in quell’«universo delle somiglianze» (Foucault) in cui è implicita la molteplicità delle interpretazioni, sia nel tragico epilogo della sua vita errabonda: arso vivo a Roma in Campo de’ Fiori il 17 febbraio 1600 per sentenza della Congregazione del Santo Uffizio sotto papa Clemente VIII. Questo ha reso oggi l’autore del De vinculis un «nodo» che si ingarbuglia appena si toccano i temi del libero pensiero e del rapporto tra Scienza e Chiesa.
Il caso-Bruno, che oggi viene riaperto dalle opposte posizioni di Francesco Agnoli – per il quale la fama di Bruno è «dovuta al fascino della sua morte, più che alla sua produzione culturale» – e Nuccio Ordine – secondo cui «Bruno è un vero libero pensatore sino al sacrificio della vita» – inizia nel 1964, quando Frances A. Yates pubblicò un libro illuminante: Giordano Bruno e la tradizione ermetica . Da allora il filosofo di Nola ha diviso gli intellettuali in schieramenti e moltiplicato la sua diffusione: ne è un esempio la traduzione in cinese che Lea Hiang (con l’Istituto per gli Studi filosofici di Napoli) ha appena concluso della Cabala del Cavallo Pegaseo, o l’uscita, in settembre, della prima edizione giapponese de La Cena de le Ceneri.
Ma mentre Bruno va in giro per il mondo, in Italia continua la controversia. Qui una «libera» lettura della Yates ha dato origine a interpretazioni che hanno fatto di Bruno ora una spia ora un doppiogiochista. È la tesi espressa da John Bossy in Giordano Bruno e il mistero dell’ambasciata (ripresa da Richard Newbury) e ora, diversamente, da Francesco Agnoli, docente a Trento, su Il Foglio del 18 e 25 agosto. «Processato dai protestanti, prima che dai cattolici, il filosofo-mago fu campione del doppio gioco. La sua fama è dovuta al fascino della sua morte più che alla sua produzione culturale». Vagò per l’Europa – da Oxford a Praga – alla disperata ricerca di una cattedra, sostenendo tesi per opportunismo, usando Calvino, Lutero e la magia come «armi nel suo scontro con la Chiesa». Salvo, in altri casi, «auspicare che Lutero e i suoi seguaci fossero sterminati come locuste».
Questo Bruno, che ha tratto fama più dall’opposizione al cristianesimo che dal suo pensiero, è un tema che era emerso anche in un libro del 2002 di Anna Foa, Giordano Bruno (Mulino), nel quale si mostrava come il filosofo fu riscoperto solo nell’Italia risorgimentale per farne un santo martire del libero pensiero contro l’oscurantismo religioso. Sono tesi inaccettabili per Nuccio Ordine, curatore dell’edizione italiana Utet delle opere bruniane e cerniera tra l’Italia e l’Istituto Warburg di Londra per gli studi sull’autore. «C’era da aspettarselo – dice -. Dopo un acceso dibattito estivo sui rapporti tra fede e scienza, verità assoluta e relativismo non poteva mancare un riferimento a Bruno. Agnoli ha proposto un fantasioso ritratto del filosofo: pronto a ogni compromesso per ottenere cattedre e potere, che non esita a fare la spia, a passare da un culto all’altro, a tradire i suoi benefattori, a vendere i segreti della magia, a scrivere trattati per “soggiogare il prossimo”. Bastava leggere una buona biografia e le opere di Bruno per evitare di rilanciare tanti luoghi comuni privi di ogni fondamento.
In un’Europa lacerata dalle guerre di religione e popolata da cortigiani disponibili a ogni servilismo, è raro trovare un pensatore che rinunci a qualsiasi privilegio per esprimere liberamente le sue idee, fino al sacrificio della vita.
A Ginevra, a Oxford, a Parigi, il Nolano non esita a scontrarsi con le autorità. E lo fa al duro prezzo della fuga e dell’esilio. Così come l’elogio di Lutero tessuto a Wittenberg è solo apparentemente in contrasto con le posizioni antiprotestanti dello Spaccio . Bruno non “cambia casacca”, ma ribadisce la sua indifferenza ai culti: per il nostro filosofo, la religione ha solo una funzione civile. La colpa però non è solo di Agnoli, ma anche dei due o tre cattivi libri di cui si è servito». Quanto alla Foa, attacca Ordine, «ha sbagliato persino a leggere i frontespizi di due libri di Bruno, che lei dice pubblicati a Venezia e Parigi invece furono editi a Londra». «Millantatorie», insomma.
In sostegno di Ordine viene l’epistemologo Giulio Giorello, che con Michele Ciliberto (autore nel 1990 della monografia Giordano Bruno , Laterza), appartiene a quella galassia di studiosi che vedono in Bruno un anticipatore della Scienza moderna. «Si cerca di sporcare la figura di Bruno con questi pettegolezzi da filosofia vista dal buco della serratura», afferma. «Della sua fine devono rispondere i cattolici, che dopo quattro secoli non hanno fatto autocritica». Tante divergenze si spiegano, tuttavia, anche in ragione di una filosofia a tratti oscura, il cui metodo, pare quello che lo stesso Bruno indica (nello Spaccio della bestia trionfante del 1584 dedicato a Philip Sidney, puritano inglese) esser usato dalla Fortuna: «Io sono una giustizia che non ho da distinguere, non ha da far differenze, … cossì ho da ponere tutti in certa equalità, stimar tutti parimente». Ermetico.
Mordacchia
Giordano Bruno: “Calvino, Lutero e la magia. Le armi del filosofo-mago nel suo scontro con la Chiesa”- di Francesco Agnoli, “Il Foglio”- giovedì 25 agosto 2005
Scomunicato dalla Chiesa cattolica e dai calvinisti di Ginevra, cacciato da Oxford e da Londra, Giordano Bruno, nel 1586, dopo l’ennesima disputa finita in rissa, deve abbandonare anche Parigi, perché neppure il vecchio amico Enrico III è più intenzionato ad accoglierlo. La destinazione, questa volta, è la Germania, e in particolare la città protestante di Marburgo. Ancora una volta il filosofo di Nola ottiene, dietro pressanti richieste, una cattedra universitaria, ma, detto fatto, entra in conflitto col rettore, Petrus Nigidius, che lo aveva assunto e che ora lo licenzia. Con la grinta di sempre Bruno riparte, per approdare a Wittenberg, città simbolo del luteranesimo, dove, tanto per cambiare, ottiene il diritto di tenere corsi universitari.
E’ qui che Bruno cambia ancora casacca: in occasione del discorso di addio, dopo soli due anni di permanenza, polemiche, e tanti nemici, l’8 marzo 1588 tiene davanti ai professori e agli alunni dell’università un elogio smaccato della figura di Lutero, contrapposta a quella del papa, presentato, secondo le migliori tradizioni del luogo, come un vero anticristo. “Come ha usato Calvino contro la Chiesa, così adesso usa Lutero: il cattolicesimo emerge come il vero grande nemico” (Matteo D’Amico, “Giordano Bruno”, Piemme). Chiaramente il gioco può riuscire sperando che a Wittenberg non si conosca il libello bruniano di soli quattro anni prima, e cioè lo “Spaccio”. In esso infatti Bruno auspicava che Lutero e i suoi seguaci fossero “sterminati ed eliminati dalla faccia della terra come locuste, zizzanie, serpenti velenosi”, essendo causa di guerre, disordini e discordie senza fine. Inoltre, tanto per toccare con mano la “scientificità” del personaggio, Bruno spiegava la metempsicosi, affermando che coloro i quali abbiano “viso, volto, voci, gesti, affetti ed inclinazioni, altri cavallini, altri porcini, asinini, aquilini (…), sono stati o sono per essere porci, cavalli, asini, aquile, o altro che mostrano”! Lasciata Wittenberg, Giordano Bruno approda a Praga, la città dell’imperatore Rodolfo II, che ne sta facendo una centrale di maghi, alchimisti e occultisti da tutta Europa. Rodolfo è un tipo bizzarro, preda, spesso di allucinazioni e di crisi depressive. Ancora una volta Bruno cerca il potere, aspira a coniugare le arti magiche, di cui si ritiene in possesso, con alleanze potenti e concrete. C’è ormai in lui il desiderio di non rimanere un teorico, ma di passare all’azione, di essere ispiratore di un rinnovamento del mondo, di una palingenesi, che i segni dei tempi gli dicono vicina, e che lui vuole guidare, con compiti e ruoli non secondari. Ma, vuoi per il suo caratteraccio, vuoi perché le vantate arti magiche in suo possesso non danno i frutti sperati e promessi, anche Praga viene presto abbandonata per la città protestante di Helmstadt, nel 1589. Brigando a suo modo, Bruno ottiene di poter insegnare nell’università locale, e per l’ennesima volta, pur fingendosi protestante e scagliandosi contro la Chiesa cattolica, suo bersaglio preferito, viene in breve scomunicato dal pastore della locale chiesa luterana!
Ciò nonostante neppure in questa occasione gli viene a mancare quella disponibilità di denari “che gli permette di fare lunghi viaggi, di affittare appartamenti, di tenere a suo servizio, regolarmente, segretari diversi, di pubblicare opere voluminose, di vivere infine per lunghi periodi senza alcun lavoro fisso”: denari, ipotizza il D’Amico, che potrebbero giungere da quell’attività così redditizia di informatore segreto che aveva appreso a Londra. Le formule per assoggettare Gregorio XIV Nel 1590 Bruno è a Francoforte, senza grande entusiasmo dei suoi allievi, che non riescono a comprendere quanto la miracolosa mnemotecnica bruniana sia da lui mal insegnata e quanto essa sia invece mal conosciuta. Dopo Francoforte, Zurigo, Padova e, infine, nel 1591, Venezia.
Nella città veneta è accolto con curiosità da una cerchia di nobili da salotto, e in particolare da Giovanni Mocenigo, che è disposto a ospitarlo e nutrirlo in cambio dei suoi “segreti”.
Ma Giordano Bruno non è certo incline a fare il precettore privato: il suo desiderio sembra essere quello di usare le sue conoscenze magiche, espresse nei testi “De magia” e “De Vinculis”, per assoggettare nientemeno che il pontefice Gregorio XIV ai suoi disegni di riforma religiosa e politica universale! Ritiene infatti di saper controllare e dominare le forze demoniche presenti nella natura e di poter soggiogare il prossimo con messaggi subliminali, formule magiche non percepibili dagli incantati: “Ritmi e canti che racchiudono efficacia grandissima, vincoli magici che si realizzano con un sussurro segreto…” (“De Vinculis”).
Giordano Bruno: “Processato dai protestanti, prima che dai cattolici, il filosofo-mago fu campione di doppio gioco” – di Francesco Agnoli, “Il Foglio”- giovedì 18 agosto 2005
Quando si parla di scienza e di Chiesa il tasso minimo di ideologia presente nell’aria esige che si faccia almeno un cenno a Giordano Bruno, e alla sua esecuzione in Campo de’ Fiori, a Roma. La fama del filosofo nolano, infatti, è dovuta senz’altro al fascino della sua morte, da ribelle impenitente, più che alla sua produzione culturale, così intrisa di magia, di astrologia, di vitalismo panteistico e, per questo, in nulla moderna, né scientifica (Frances A. Yates, “Giordano Bruno e la tradizione ermetica”, Laterza).
Una fama, dunque, ottenuta dopo la morte, ma cercata con ossessione durante tutta la vita, con una presunzione astrale, “accentuata dalle pratiche magiche cui Bruno si dedica con crescente intensità e che sviluppano in lui un senso di onnipotenza materiale e intellettuale assoluta” (Matteo D’Amico, “Giordano Bruno”, Piemme). Tutta la sua esistenza, infatti, è in vista di una affermazione personale, per sé e per la sua visione del mondo, contro avversari di tutti i paesi e di tutte le confessioni, che divengono via via “porci”, “pedanti”, “barbari e ignobili”. Il giovane Bruno è già un personaggio non comune, che ama raccontare di essere stato aggredito, a sassate, dagli spiriti, e che ha il suo primo importante scontro teologico nel 1576 con un confratello domenicano, riguardo alla dottrina di Ario, e il secondo nella capitale del calvinismo, a Ginevra. Vi giunge nel 1579, in cerca di fortuna.
Ma il suo comportamento è subito ambiguo e aggressivo a un tempo: da una parte abbraccia il calvinismo, per essere accettato nei circoli culturali e religiosi della città, e dall’altra attacca violentemente un professore del luogo, dando alle stampe un libello contro di lui, e, a quanto sostiene l’accusa, mentendo platealmente. Viene processato dai membri del Concistoro, non cattolico, ma calvinista, e costretto in ginocchio a lacerare il suo opuscolo, ammettendo la propria colpa. Lasciata Ginevra, che dunque non lo capisce, Bruno approda a Parigi nel 1581: la sua fama di esperto nell’ars memoriae gli vale la convocazione del re Enrico III, di cui diviene in breve intimo confidente. Dopo soli due anni Bruno finisce a Londra, presso l’ambasciatore francese Castelnau, in Salisbury Court, vicino al Tamigi. Qui, secondo le recenti indagini di John Bossy (“Giordano Bruno e il mistero dell’ambasciata”, Garzanti) svolge un lavoro di spionaggio contro l’ambasciatore francese di cui è ospite, a tutto svantaggio dei cattolici, arrivando addirittura a rivelare i segreti carpiti in confessione. Infatti, pur essendo già da tempo un feroce nemico del cattolicesimo e della Chiesa, considerati la causa della decadenza dell’Europa, Bruno si finge zelante sacerdote e celebra riti in cui non crede, nell’ambasciata francese, vantando d’altra parte la propria apostasia presso la corte di Elisabetta. Nel suo arrivismo giunge a svelare alla regina l’esistenza di un complotto catto-spagnolo, in realtà inesistente, contro di lei: scrive di esserne venuto a conoscenza in confessione.
Nessuno gli crede.
Alla ricerca di una cattedra a questo punto Bruno, sempre scalpitante, vuole una cattedra a Oxford. Come ottenerla? Si offre volontario, con una umile missiva, in cui si presenta così: “Professore di una sapienza più pura e innocua, noto nelle migliori accademie europee, filosofo di gran seguito, ricevuto onorevolmente dovunque, straniero in nessun luogo, se non tra barbari e gli ignobili… domatore dell’ignoranza presuntuosa e recalcitrante… ricercato dagli onesti e dagli studiosi, il cui genio è applaudito dai più nobili…”.
Alla terza lezione verrà accusato di plagio e invitato a togliere il disturbo; le sue invettive feroci contro i londinesi, e contro il prossimo suo in genere, gli procurano, probabilmente, un breve arresto e determinano il ritorno precipitoso a Parigi. Ma qui, nel frattempo, il clima politico è cambiato, e i Guisa, la nobile famiglia a capo della Lega Cattolica, ha sempre maggior potere: Bruno non esita a mettersi al suo servizio, e a chiedere di essere riaccolto “nel grembo della Chiesa catholica”. In realtà, ancora una volta, fa il doppio gioco, tessendo rapporti con i protestanti, benché nello “Spaccio della bestia trionfante” del 1584 avesse deprecato violentemente, in mille maniere, la figura di Lutero. Nello stesso periodo viene accusato da Fabrizio Mordente, inventore del compasso differenziale, di volergli carpire l’invenzione: Bruno infatti ne è entusiasta, ma come già per Copernico, ritiene che ai disprezzati matematici sfugga il valore magico ed ermetico delle loro scoperte, che lui solo, invece, ha la capacità di comprendere!
Certame Bruniano: chi sono i contendenti?
Oggi, 1 Aprile, si conclude a Nola il Certame Bruniano, manifestazione da noi apprezzata e pubblicizzata perché in linea con la nostra impostazione di avvicinare il più possibile i giovani al pensiero di Giordano Bruno.
Ma come tutte le iniziative Bruniane è finita preda di alcuni pedanti che ultimamente a Nola hanno imposto il loro patrocinio ad ogni iniziativa.
Falsi Bruniani e accademici arrivisti riescono con l’aiuto di istituzioni ignoranti e politicizzate a strumentalizzare ogni manifestazione per i propri interessi e la diffusione di discutibili interpretazioni del pensiero e dello spirito del Nolano. In quest’ottica, noi siamo evidentemente visti come elementi disturbatori e, mentre abbiamo ricevuto ogni informazione possibile riguardante l’evento, cui abbiamo puntualmente dato il dovuto risalto su questo sito, siamo stati completamente ignorati e neppure invitati alla manifestazione.
Davamo fastidio a qualcuno. Ne prendiamo atto. Continueremo a informarvi e documentarvi per quanto riusciremo a sapere di queste iniziative, ma al contempo denunceremo questo stato di cose.
Intanto già sorge all’orizzonte un altro grosso “affaire”: il “Parco letterario Giordano Bruno”.
Nessuno ci ha ancora comunicato niente. E’ già sospetto. Vi terremo informati.
Mocenigo colpisce ancora!
Stavo appena terminando di leggere il delizioso saggio di Gino Benzoni “Venezia come sfondo”, pubblicato in “Giordano Bruno:Destino e Verità”, che mi è giunta una notizia sconcertante e, al tempo stesso, emblematica: la lapide inaugurata il 22 settembre del 2000 a Venezia sulla facciata del palazzo dove Bruno fu arrestato non c’è più! E’ stata rimossa, pare, per volontà del proprietario del palazzo. Il saggio di Benzoni fu presentato proprio in occasione della cerimonia, e analizzava lucidamente il comportamento tenuto dalla Serenissima nei confronti del Nolano nella vicenda della sua fatale estradizione a Roma, che costituiva già per Francesco Paolo Sarpi, il consultore della Repubblica, una macchia indelebile nella tradizione di autonomia legislativa e culturale di Venezia. Tradimento che si aggiungeva a quello ancor più vile dell’infame Zuane Mocenigo. Bello dunque e suggestivo lenire con un gesto riparatore una ferita ancora sanguinante nella coscienza civile e filosofica dei veneziani. Ma gli entusiasti patrocinatori dell’iniziativa, e parliamo dell’Università Cà Foscari, della Fondazione Giorgio Cini, dell’ Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, avevano fatto i conti senza questo omino che, appena terminata la solenne cerimonia di scopertura, andate via le autorità, dissoltasi l’eco delle toccanti parole di circostanza, arriva e smonta tutto, lapide inclusa, gettandola magari nella spazzatura! Che immagine ridicola e squallida al tempo stesso! E’ il destino Bruniano che non si smentisce: la solita storia di un ciclico alternarsi di oblio e di esaltazione, di ammirazione e odio rancoroso, quasi beffardo contrappasso della sua amata “vicissitudine”. Venezia ne esce ancora una volta umiliata, confermando una tradizione di ambiguità nella storia dei suoi rapporti col Nolano. Confidiamo però che qualcuno, magari gli eredi di quei 30 coraggiosi che il 9 gennaio 1593 depositarono nell’urna una palla bianca, intervenga per accertare i particolari di questo episodio e porvi rimedio. Attendiamo notizie. Possibilmente confortanti.
Chi era veramente Giordano Bruno?
A questa domanda sono state date, specie negli ultimi sette anni, a partire dal “giubileo bruniano” del 2000, le risposte più disparate. Manipolando con disinvoltura un pensiero e una produzione letteraria multiformi e magmatici, in parecchi si sono lanciati in interpretazioni il più delle volte arbitrarie e lontane dalla realtà del personaggio, per incompetenza o, peggio ancora, per partito preso. Mago, stregone, millantatore, spia, puttaniere, arrogante e presuntuoso attaccabrighe: queste le malevoli accuse rivolte al Nolano da baciapile clericali e neocon, o da nazionalisti anglosassoni travestiti da studiosi, ancora assetati di vendetta per come Bruno aveva trattato la rustica inciviltà della plebe inglese e l’ottusa pedanteria dei dottori di Oxford.
Nihil sub sole novum, come egli amava dire: questa storia va avanti ininterrottamente ormai da quattro secoli. Addirittura ci fu chi arrivò a sostenere che l’intera vicenda del rogo fosse tutta un’invenzione! Ancora oggi dobbiamo sentirci raccontare che, in fondo, storicizzando, Bruno fu trattato fin troppo bene, ospitato al Grand Hotel Tor di Nona e torturato con una piuma sotto i piedi! Secondo costoro non ha nulla di barbaro rosolare a fuoco lento un pensatore, solo per aver asserito qualcosa di contrario ai dogmi della Chiesa cattolica! Arthur Schopenhauer, a quasi tredici secoli di distanza, ancora tremava al pensiero di “quell’essere delicato, spirituale e pensoso nelle mani di rozzi preti rabbiosi quali suoi giudici e carnefici”.
Guasti ancor maggiori producono coloro che, accecati da un anticlericalismo bieco al punto da far diventare simpatici perfino i suoi carnefici, propagano idiozie come quelle di un Bruno “ateo” o addirittura “femminista”! Pensatore difficile, dallo stile ostico, soprattutto per chi non si prende minimamente la briga di leggerlo, non potendone contestare l’indubbia grandezza in campo speculativo, si è sempre cercato di criticarne il carattere, da lui stesso definito “restio e bizzarro”. In realtà egli sapeva essere altrettanto riconoscente nei confronti di chi gli dimostrava rispetto e tolleranza, quanto irascibile con chi lo trattava in modo ostile.
Come avrebbe potuto sopportare passivamente il disprezzo di oscuri pedanti o di studiosi con la puzza sotto il naso, al suo confronto ricchi di mezzi ma scarsi d’ingegno, un uomo che riscuoteva l’ammirazione e la confidenza di sovrani del calibro di Enrico III di Francia o Elisabetta I d’Inghilterra? Come volete che potesse occuparsi di spionaggio colui la cui mente era intenta a spaziare nell’universo per comporre opere immortali come il De minimo o il De immenso? E se anche fosse, si storicizza la condanna della Chiesa, definendola adeguata ai tempi, e non si considera che un umile prete scomunicato, inviato a Londra al seguito dell’ambasciatore francese, doveva, se richiesto, rendere conto all’imperatore suo protettore delle trame di cui fosse venuto a conoscenza? Se poi ve lo figurate come un’attivista in giro per le corti e le accademie per sostenere i diritti dei liberi pensatori, vi sbagliate ugualmente di grosso. Egli non fu un martire, fu semplicemente un pensatore coerente fino allo stremo. Al di là delle ritrattazioni, delle parziali abiure, delle contraddizioni, che testimoniano, semmai, tutta la sua profonda umanità, quel che conta, e che nessuna delle generazioni venture gli negherà, è l’essere andato fino in fondo, a fermo viso.
Bruno era uno di quegli esseri geniali in anticipo sui tempi, quei Mercuri inviati sulla terra in tempi stabiliti, ispirati da una visione profetica dell’umanità e dell’universo. Come tutti gli esseri di tal fatta egli è stato e sarà sempre odiato dai meschini pedanti, invidiosi di tutto ciò che non arrivano a capire, da quegli uomini “piccolini” chiusi nel loro ottuso particulare per non svanire al confronto dell’immenso, insomma da quei corpi umani con anime bestiali che il Nolano smascherò col suo Circino incantesimo. Era uno che conosceva il proprio valore e rispettava quello degli altri, quello vero però, non quello stabilito dalle consuetudini e dalle convenienze. Era uno che diceva pane al pane e vino al vino. Era uno che amava la vita in tutti i suoi aspetti e che in tutte le sue manifestazioni riconosceva l’espressione della divinità. Era uno che credeva nell’uomo, quello vero, corpo e anima doc: l’unico capace di giungere, attraverso un “disquarto” intellettuale, alla visione dell’eterno. Ed era, questo si, il nemico implacabile e convinto di tutti “quegli uomini stolti e ignobilissimi che non riconoscono nobiltà se non dove splende l’oro, tintinna l’argento, e il favore di persone loro simili tripudia e applaude”. Sono parole tratte dall’ Oratio Valedictoria, una delle “Due Orazioni” (l’altra è la Consolatoria) pronunziate durante il suo soggiorno in Germania e di cui esce, proprio in questi giorni presso l’editore Di Renzo, una mia traduzione . Vi si trovano, celati sotto il magniloquente tono d’occasione, gli ideali che Bruno perseguì durante tutta la sua vita, fino all’estrema conseguenza del rogo di Campo de’ Fiori. Quel triste epilogo sarà stato pure inevitabile, per come andavano le cose a quel tempo, ma rimane ugualmente il monito più emblematico e rappresentativo, acché una simile infamia non si ripeta mai più.
Vere scoperte e falsi scoop!
“Nonostante l’evidenza dei fatti, ormai ostentata quasi con superiore disprezzo, indichi un controllo pressoché capillare da parte della casta accademica sulle case editrici più importanti e sui principali organi di stampa, non posso rassegnarmi a credere che in un paese di immense tradizioni culturali come il nostro, siano del tutto sopiti, per non dire scomparsi, i sacri principi della libertà e dell’imparzialità intellettuale”
Nel corso della recente “Biennale Bruniana” è stata propagandata con grande enfasi una video conferenza con la biblioteca Lenin di Mosca che avrebbe presentato per la prima volta al pubblico la famosa collezione Norov, comprendente l’unico manoscritto autografo di Bruno, ritrovato appunto dal conte Norov e custodito nella capitale sovietica. Pur non contestando l’interesse dell’avvenimento, esso rappresenta l’ennesima dimostrazione di provincialismo e malafede dei soliti pedantucoli accademici. Essi non si rassegnano ad accettare una realtà, quella di internet, che viaggia ad una velocità mille volte maggiore dei loro desueti e clientelari strumenti di diffusione.
I frequentatori del mio sito, infatti, sanno bene che le immagini della collezione Norov, sono state da me pubblicate più di tre anni fa grazie alla passione e alla bravura di Olga Podlazova, la giovane studiosa russa, tragicamente scomparsa di recente. Ella mi inviò alcune immagini della collezione, scattate di nascosto, durante un’esposizione alla biblioteca Lenin, che mi affrettai a presentare agli appassionati che seguono il mio sito. Osservate le foto presenti sul sito della fondazione GB, e quelle realizzate da Olga 4 anni orsono!. Naturalmente ci si è guardati bene dal ricordare questo particolare nella presentazione dell’evento o dal chiedermi, cosa che avrei consentito senza alcun problema, di utilizzare anche queste immagini in occasione della presentazione della biennale.
E il bello è che è stata addirittura dedicata una sezione del convegno ai rapporti tra Bruno e la Rete! Ciò dimostra che l’unico loro intendimento è quello di egemonizzare anche questi spazi, finora inesplorati. Altro che apertura al nuovo!
I miei lettori sono al corrente del fatto che la mia persona e tutto il mondo dei bruniani su internet sono stati praticamente messi all’indice da costoro, nel momento in cui si sono accorti che questo potente mezzo di libertà e di espressione, che non potevano manipolare a piacimento, stava mettendo in crisi i loro interessi economici e di potere. Esempio ancora più eclatante è la “congiura del silenzio” che è stata imposta al recente rinvenimento da parte mia di un nuovo autografo del Nolano, finora misconosciuto. Dopo una assidua e tenace ricerca dei documenti bruniani in giro per il mondo, ho avuto la fortuna di rinvenire una firma autografata di Bruno su una copia del Camoeracensis Acrotismus , custodita a Praga. Appena l’ho presentata nel mio ultimo libro “La disputa di Cambrai”, questo è stato fatto oggetto di furiosi e meschini attacchi da parte dei pedanti.
Sarebbe stato questo il vero autografo da presentare in occasione della Biennale, se a trovarlo non fossi stato io, che non appartengo al mondo dell’università e dei finanziamenti ministeriali!
Eppure non posso credere che l’Italia, pur con tutti i suoi problemi di clientelismo e di nepotismo, sia giunta a un punto tale che il potere accademico comandi tutti i centri nevralgici della cultura, oltre che nelle università, anche nei principali quotidiani e case editrici nazionali.
Le due fazioni in lotta dei “Cilibertiani” e degli “Ordiniani” (ex “Aquilecchiani”) si sono spartite la torta anche a livello delle testate nazionali, delle pagine culturali, delle terze pagine, che non pubblicano articoli o recensioni se non riguardanti una delle due parti. Per quanto riguarda poi le edizioni bruniane, c’è il diritto di veto alla pubblicazione di qualsiasi lavoro che non sia stato preventivamente approvato da loro! Lo so, è triste ma così stanno le cose, miei cari lettori!
Devo ringraziare pubblicamente il coraggioso editore Sante Di Renzo, senza il quale non avrei potuto pubblicare i miei lavori su Bruno. E hanno cercato di impedire anche questo perché dava fastidio alla loro attività, finanziata con i nostri soldi! La speranza, che è l’ultima a morire, è che qualcuno dei prestigiosi direttori delle pagine culturali dei quotidiani più autorevoli, si passi una mano sulla coscienza e si accorga della manipolazione operata da questi gruppi di potere accademico e, soprattutto abbia la voglia, il coraggio e la forza per potersi sottrarre ai loro diktat per tornare ad offrire, come sempre, contributi alla cultura e alla verità. Questo non per un desiderio di riconoscimento personale, bensì per quel sacro principio della diffusione del sapere, in nome del quale lo stesso Bruno si batté fino all’estremo. Nella loro meschina cecità non si accorgono che il popolo della rete può tranquillamente fregarsene delle loro ponderose, e non per questo più attendibili e accurate, operazioni culturali. A tal proposito vi anticipo che l’ultima mia fatica, attualmente in fase di pubblicazione, servirà a mettere in luce un altro episodio di cialtroneria accademica, di disprezzo dell’intelligenza e della cultura di studiosi e semplici lettori.
Il popolo di internet va molto più veloce e produce risultati che, al di là della mia modesta opera divulgativa attraverso il sito e i miei libri, si concretizzano in opere come “Eroico furore”, il cortometraggio dell’amico Francesco Afro De falco e della Libera Scena Ensemble con in testa Lello Serao, selezionato per il Capri film festival. O ancora: “Scientifici errori e magiche verità”, il brillante lavoro eseguito dai ragazzi del Prof. Severino Bertini, che spero faccia da apripista ad altre iniziative del genere. Proprio per questo, insieme a Francesco e a Lello, nonché al mio editore Sante Di Renzo, abbiamo in mente altre iniziative bruniane, indirizzate proprio ai giovani delle scuole, la vera linfa bruniana di cui c’è bisogno per combattere ed estirpare la protervia e la superficialità degli accademici.
Fondazione “Parco Letterario Giordano Bruno”: cronaca di un fallimento annunciato!
«Non ci sono più soldi». Michele Mezza, presidente della Fondazione «Parco letterario Giordano Bruno» annuncia le dimissioni. Dopo nemmeno un anno di mandato. La Biennale, la rete delle scuole e perfino la web-tv. Tutto nel segno di Giordano Bruno. E di Nola, la città che gli ha fatto da culla. La fondazione «Parco letterario Giordano Bruno», nata dalla fusione di due esperienze fallimentari come il parco letterario e la fondazione istituita dal Comune, aveva annunciato in pompa magna il proprio manifesto regalando perfino culturali assaggi durante le celebrazioni bruniane dello scorso anno. Poi ieri il j’accuse di Michele Mezza, il giornalista che dallo scorso anno la Regione Campania di concerto con il Comune, ha posto a capo dell’organismo: «Non ho gli strumenti per lavorare, mi dimetto». Un fulmine a ciel sereno. Un annuncio a sorpresa durante la cerimonia di consegna del Premio Felix – città di Nola, ricevuto dal giornalista di origini nolane, anche per gli sforzi compiuti nell’ultimo anno. «A pochi mesi dalle celebrazioni del 2010 – ha spiegato Michele Mezza – non sarei più in grado di garantire quanto avevamo previsto. Non c’è un contesto minimo. Manca una strategia di marketing territoriale che consideri la cultura volano di sviluppo». Una denuncia diretta a tutti: Regione, Provincia e Comune. «Non ho più un euro» ha detto Mezza davanti alla folta platea che affollava l’aula consiliare: «Il 10 dicembre ci sarà un’assemblea degli studenti con il vescovo. Presenteremo un libro che avrebbe dovuto far parte di una intera collana. Rimarrà l’ultimo». L’amaro in bocca. L’entusiasmo frenato da ragioni da cassa o, per dirla con Mezza «dalla effettiva mancanza di volontà. Mi spiace solamente per i giovani». Carmen Fusco
NOLA – Il ‘premio Felix città di Nola’, promosso dalla associazione socio-culturale “Gli innamorati della Festa”, spegne la sua settima candelina. Si è svolta ieri sera la cerimonia di premiazione dell’evento, diventato un classico in cartellone nei giorni di festeggiamento per il santo patrono della città, che vuole riconoscere e valorizzare quanti abbiano, con il loro talento e le proprie qualità, dato lustro alla città di Nola ed al suo territorio. La serata, moderata dal giornalista Antonio D’Ascoli e dal consigliere comunale Franco Nappi, ha visto la presenza del presidente della provincia Cesaro, del sindaco Biancardi e delle più alte cariche della città. La simbolica campana di bronzo con su le effigi di San Paolino, San Felice e Giordano Bruno, quest’anno è stata consegnata, come dichiarato dall’assessore alla cultura Maria Grazia De Lucia “ a due professionisti che operano in ambiti diversi ma che sono accomunati dall’espressività, e dal loro riuscire ad imporsi nei propri campi di riferimento”: il portiere del Livorno Alfonso De Lucia, ed il giornalista Michele Mezza, presidente della Fondazione Giordano Bruno. Ma quest’ultimo, protagonista di un fuori programma durante il suo discorso di presentazione, ha dichiarato la propria volontà di dimettersi dal ruolo che occupa all’interno della Fondazione “a causa dello stato di fermo dei lavori, e delle troppe promesse non mantenute. Ai ‘dobbiamo fare’, ai ‘facciamo’, e ai ‘faremo’, c’è un limite insormontabile: il calendario”. I lavori della biennale tutta dedicata al filosofo nolano, sarebbero infatti troppo indietro ormai per permetterne la riuscita e il giornalista non se la sentirebbe di gestire una piattaforma “in declino”. Immediata la replica del sindaco Biancardi, che ha sottolineato come “la figura di Michele Mezza sia importantissima a capo della Fondazione, ma che qualora non dovesse esserci più la volontà da parte sua di guidarne i lavori, ci sarebbero altri pronti a prendere il suo posto”. Gianluca Amato
“Biennale bruniana: cambiano i musicanti, ma la musica è sempre la stessa”
Ricordo quando l’esimio prof. Nuccio Ordine mi telefonava in continuazione per rimproverarmi perché, a suo dire, non davo abbastanza risalto su questo sito alle sue iniziative o, peggio ancora, coprivo le responsabilità del prof. Michele Ciliberto. Quando poi, nel rispetto della verità, ho lanciato una campagna contro il mondo accademico, rivelando i finanziamenti miliardari che proprio il suo nemico gestiva, non lo si è più sentito! Sparito, volatilizzato: eppure sarebbe stata l’occasione per metter fuori tutto quel che sapeva, le magagne più volte denunciate, gli atteggiamenti mafiosi e peggio ancora, dei quali si era lamentato spesso con me. Invece, ecco che l’omertà del mondo accademico diventa più forte di qualsiasi rivalità!
Per capirne il motivo basta guardare il programma della neonata “Biennale Bruniana”.
In una sola pagina leggiamo:
-Coordina Nuccio Ordine -direttore scientifico Biennale Bruniana
-Coordina Nuccio Ordine (Direttore scientifico “Fondazione P.L. Giordano Bruno”)
-Con il patrocinio scientifico del Centro Internazionale di Studi Bruniani dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (di cui chi è il “Segretario generale”? Nuccio Ordine!).
Il fatto di non essere stato neppure informato dell’iniziativa (e meno che mai invitato) è ancora dovuto alla mia fede cilibertiana? Non credo proprio.
E allora? Come mai si parla di “Infiniti mondi e ordinaria virtualità” e non si invita il pioniere e il riferimento indiscusso di Bruno su Internet, come vengo ironicamente apostrofato dagli stessi tromboni accademici?Come mai si affronta un tema come “La filosofia di Bruno incanta l’Oriente” e non si pensa a colui che, secondo indegnamente solo al grande Lorenzo Giusso, ha portato all’attenzione l’argomento con un libro, “La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra Oriente e Occidente”, pubblicato già nel 2005? Forse perché la presentazione del libro era di Michele Ciliberto?
Per non parlare della presentazione del Codice Norov, di cui, per prima, la piccola, grande Olga Podlazova mi fornì le foto, scattandole di nascosto per pubblicarle sul sito, già cinque anni fa. Sarebbe stata l’occasione ideale per dedicare almeno un pensiero ad una persona eccezionale, per cui Bruno era diventato tanto importante da desiderare di raggiungerlo nell’universo!
Ma ormai si ascoltano solo quelli della propria fazione. Ordine concede “il patrocinio” a chi decide lui: opere teatrali, commemorazioni bruniane di associazioni anticlericali, edizioni delle opere, e chi più ne ha più ne metta! L’intento è controllare il controllabile più o meno come si lamentava che facesse Ciliberto, strappargli delle zone di influenza per assoggettarle al suo controllo. Rientra in questa campagna di “acquisizioni” perfino il Certame Bruniano di Aniello Montano e Angelo Amato.
Con il mio sito sono stato uno tra i primi a sostenere e propagandare l’iniziativa tra i giovani, mi sono battuto per essa e ho avuto il piacere e l’onore di premiare con miei libri alcuni dei suoi promettenti vincitori. Quest’anno non sono stato neppure invitato! Che pena! Che meschinità! ( a proposito, prof. Ordine, le segnalo una grave dimenticanza: sulla locandina dell’evento è ancora presente l’indirizzo del mio sito internet! Lo faccia cancellare subito.).
Come si può chiamare presuntuosamente “Biennale bruniana” una rassegna in cui mancano quasi tutti i principali interpreti di Bruno? A parte la mia trascurabile assenza, si lasciano da parte autorevoli esperti, come lo stesso Ciliberto, Canone, Gatti o anche studiosi locali come Simonetti, Manganelli, Sabbatino, per affidare presidenze di fondazioni, di parchi, di associazioni a gente che di Bruno non sa un bel nulla! Pensate che esageri? Vi sfido allora ad una pubblica disputa, dove e quando volete! Vi do tutto il tempo che vi occorre per studiare e prepararvi, tanto Bruno non lo si capisce leggendone qualche paginetta qua e là! Bisogna penetrarne il carattere, l’umore! Abbiamo a Nola, a Napoli, in Campania, grandi conoscitori e interpreti del Nolano. Senza offesa per gli illustri studiosi che hanno partecipato a questa biennale, non abbiamo bisogno che ci vengano a dire chi è Giordano Bruno dalla Calabria, dal Veneto o da Milano o addirittura dalla Spagna, dal Giappone o dalla Russia. Lo sappiamo benissimo chi è Giordano Bruno. Non c’è bisogno di salire sui pulpiti universitari o di scrivere complicati e astrusi saggi o tenere celate ancora le sue opere, per tradurle col contagocce per scopi di lucro, magari in lingua straniera piuttosto che in italiano! E’ ora di finirla con questa contrapposizione tra due sedicenti scuole di pensiero bruniano, quella di Ciliberto e di Ordine tanto per non fare nomi, che pretendono di porre il veto o l’imprimatur su tutto ciò che riguarda il Nolano, favoriti dall’acquiescenza e dalla sottomissione di coloro che dovrebbero essere i garanti della tradizione bruniana ma spesso non sanno neanche parlare italiano: sono lì solo per il fatto di far parte della nomenclatura accademica o, peggio ancora, di quella politica! Così avalliamo interpretazioni di studiosi e artisti stranieri che, per quanto validi, il pensiero di Bruno non sanno neanche dove sta di casa! Lasciamo che il suo pensiero sia strumentalizzato per fini politici, anticlericali all’eccesso, assistendo ad atti di intolleranza superiori a quelli che egli dovette sopportare in vita. Continuiamo in quella stessa tradizione di sudditanza per cui le sue conquiste di pensiero furono poi sfruttate da Galilei o da tutta una serie di pensatori successivi che neppure lo nominarono.
Ciò che state facendo non può non far dispiacere e preoccupare tutti coloro che nutrono una vera passione per Bruno. Quella passione dalla quale dite di essere ispirati mentre invece l’unico vostro intento è quello di sostituire una “mafia” (come voi stessi la definite) con un’altra.
Francesco Afro de Falco che ritengo un degno interprete del Nolano. Egli fa parte di quella schiera di giovani per i quali mi sono sempre battuto attraverso il mio sito e che ho cercato modestamente di indirizzare e di stimolare ad appropriarsi dell’eredità di pensiero di Giordano Bruno, cosa che Francesco ha fatto brillantemente insieme a Lello Serao, a Renato Carpentieri e a tutta la Libera Scena Ensemble, nel suo cortometraggio “Eroico Furore” e nella piece teatrale che lo ha preceduto e che ne ha costituito il laboratorio. Insieme porteremo questo progetto nelle scuole ed è la cosa che più mi interessa perché sarà il vettore ideale per comunicare ai giovani il vero messaggio bruniano. A proposito, Nuccio, ti avverto che il lavoro è stato realizzato anche con una mia modesta consulenza . Adesso o lo escludi dalla “Biennale o fai cancellare il mio nome dai ringraziamenti dei titoli di coda e lo sostituisci con il tuo patrocinio!
“I have a dream” di Guido del Giudice
Una Fondazione “nata dalla fusione di due esperienze fallimentari” non poteva che essere un fallimento! Poco mi consola constatare: “Che vi aspettavate? Ve l’avevo detto.” Quel che sconforta è che questi affaristi si sono mangiati tutti i contributi, senza creare nulla di duraturo per Nola e per il suo geniale figlio: non un museo, non una mostra permanente. Per appagare la megalomania e la brama di passerella di politici, giornalisti e accademici sono stati sperperati fondi in roboanti spettacoli, planetari utilizzati un paio di volte e poi lasciati marcire e, dulcis in fundo, in quella che con toni enfatici e parole altisonanti era stata presentata come “Biennale Bruniana” e che rischia, a quanto pare, di durare solo qualche mese. Sul valore scientifico di questa iniziativa, ci siamo già ampiamente espressi. Del resto, altro non ci si poteva aspettare nel momento in cui ci si è affidati ai soliti loschi personaggi del malaffare accademico. Se la fondazione doveva servire a realizzare operazioni del genere o una collana di libri su Bruno da presentare al Vescovo, allora molto meglio che sia fallita! Dopo aver dilapidato tutto in queste iniziative di nessun valore, il “presidente” annuncia che non ha più nemmeno un euro per poter tributare un minimo omaggio al Nolano in occasione delle celebrazioni del 2010! Il prossimo 17 febbraio non si potrà acquistare nemmeno quella striminzita coroncina di alloro che ogni anno in pompa magna il solito sparuto gruppo di appassionati ha deposto ai piedi del monumento in piazza Giordano Bruno!
Quando poi si dichiara dispiaciuto per i giovani è addirittura commovente! Ma cosa avete fatto per i giovani? L’unica iniziativa valida, il Certame Bruniano, era stata portata avanti con sacrificio e soluzioni forzatamente minimaliste, per mancanza di aiuti economici, da Angelo Amato e avete affossato anche quella!
Possibile che non si possa fare qualcosa di meglio? Basterebbe che, invece di pensare subito a come spartirvi i soldi dei finanziamenti con eventi estemporanei, se ne destinasse almeno una parte alla creazione di una struttura stabile, che possa attrarre le migliaia di appassionati del Nolano sparse in tutto il mondo, che mi chiedono continuamente notizie sulla patria del grande filosofo. Con la mole di materiale di ogni tipo, editoriale, teatrale, cinematografico, che è stata prodotta nell’ultimo decennio si potrebbe realizzare, ad esempio, una mostra come quella organizzata a Roma nella Biblioteca Casanatense nel 2000 o quella di quest’anno a Milano, che accolga stabilmente testi originali, microfilm, e tutto quanto riguarda il Nolano. Con i mezzi della moderna tecnologia si potrebbe arricchire il tutto con film in 3D, contenuti multimediali e altro ancora, come ormai viene fatto in tutto il mondo per argomenti e reperti certamente meno interessanti. Nola, con la sua ricca e prestigiosa storia, potrebbe certamente offrire una location adatta allo scopo. Penso al castello di Cicala, che potrebbe diventare l’ideale polo di attrazione per un turismo culturale che arricchirebbe l’intera comunità.
So cosa volete dirmi: finché in questo paese la politica continuerà a spadroneggiare con arroganza sulla cultura tutto ciò rimarrà solamente un sogno. Ma che anche sognare ci sia impedito da una banda di cialtroni ignoranti, che sperperano senza vergogna anche quelle piccole risorse economiche e intellettuali con le quali si potrebbe cominciare a realizzare qualcosa di valido, non possiamo più tollerarlo!