“Leggete Giordano Bruno. E lasciate perdere la filologia”

“Il curatore del Meridiano e la direttrice della collana replicano all’editore francese del testo critico: l’obiettivo del volume era quello di far conoscere ai lettori comuni il pensiero di un filosofo poco noto”.

Ho letto con interesse l’intervento che ha fatto Giovanni Mariotti (Corriere 8 agosto) ponendo giustamente, a proposito del Meridiano di Giordano Bruno, il problema del rapporto tra «editoria di massa» ed «editoria accademica».

Non è detto che l’«editoria di massa» sia sempre di livello più basso e che l’«editoria accademica» sia sempre di livello più alto.

La differenza tra una «edizione di massa» e una «edizione accademica»

non riguarda la qualità scientifica del lavoro, ma i differenti «strumenti» che si decide di usare. Ciò che infatti è indispensabile in un’«editoria accademica», non è necessario in un’«editoria di massa», e viceversa.

È una distinzione assai utile per capire caratteri e finalità del Meridiano dedicato a Bruno. Nel nostro caso ci è parso necessario corredare il volume di un commento di cinquecento pagine, di una ricca cronologia della vita e delle opere; una nota bibliografica; di un indice-lessico di quasi cento pagine; un’amplissima introduzione che fa il punto attuale sugli studi su Bruno, presentando un’immagine complessiva della sua filosofia.

Sulla base di un lavoro più che trentennale,

abbiamo, cioè ritenuto indispensabile corredare il volume di tutti gli strumenti scientifici necessari per consentire la più larga diffusione nel nostro Paese del pensiero di Bruno, in occasione di un evento eccezionale come il quarto centenario della sua morte sul rogo, in Campo dei Fiori.

Proprio per questo non ci è, invece, parso opportuno pubblicare, in questa sede, una tavola degli interventi che abbiamo fatto (specialmente sul testo dei Furori). E ciò anche per un altro motivo: per gli obiettivi che ci siamo volutamente dati, noi non abbiamo avuto l’ambizione di presentare una nuova edizione dei dialoghi di Bruno, come ha inteso fare, per esempio, Santagata per Petrarca il quale ha perciò pubblicato una «tavola delle modifiche» da lui apportate al testo di Contini.

Michele_CilibertoPer quanto riguarda il testo di Bruno, non abbiamo dunque inteso «assorbire» o «oscurare» alcunché: al contrario, fin dal primo momento, nella mia responsabilità di curatore, mi sono preoccupato di segnalare all’editore l’opportunità di utilizzare il testo critico di Aquilecchia che, nella nota sui testi, ho citato esplicitamente come «testo di riferimento», termine normalmente usato (anche nel Meridiano petrarchesco, ed è per questo, ovviamente, che su il manifesto l’avevo citato), senza suscitare, fino ad ora, critiche di alcun genere.

Ciò, naturalmente, non mi ha impedito di fare, nel caso specifico dei Furori, quegli interventi necessari, per vari ordini di motivi. Mi sia consentito però chiudere con un’osservazione di ordine generale. Dopo mesi di insulti e di insolenze di ogni genere, l’unico addebito che mi si continua ad imputare è l’assenza della «lista delle modifiche».

Se si fosse discusso del merito del Meridiano – del contributo filosofico che esso fornisce alla conoscenza di Bruno e alla messa a fuoco di cosa oggi significhi leggere i suoi testi – forse avremmo tutti impiegato assai meglio il nostro tempo …

MICHELE CILIBERTO

“Ma l’editoria di massa non può ignorare la filologia”

“Interviene l’editore francese del testo critico di Giordano Bruno. Per difendere un metodo”

L’intervento di Giovanni Mariotti sul Corriere di martedì – in cui si riprende con garbo qualche tema della mia lettera a Belfagor sul discusso Meridiano Giordano Bruno «a cura» di Michele Ciliberto – mi suggerisce alcune riflessioni.

Dal suo resoconto,

si evince con chiarezza che noi non contestiamo a Ciliberto il fatto di aver utilizzato l’edizione critica stabilita da Giovanni Aquilecchia per la collana delle Oeuvres complètes – pubblicata da Les Belles Lettres sotto la direzione di Yves Hersant e Nuccio Ordine –, ma le modalità scientificamente ambigue con cui ciò è avvenuto. Nella nota al testo, Ciliberto dice di essere intervenuto sull’edizione di «riferimento» (quella di Aquilecchia), senza però offrire la lista delle presunte correzioni.

A questa mia obiezione,

che si fonda sulle regole elementari della filologia, Ciliberto ha risposto, sul manifesto del 15 luglio, di non aver fornito la «lista degli interventi perché quella del Meridiano è un’edizione divulgativa, destinata a un largo pubblico».

E per rafforzare la sua difesa, ammetteva di aver adottato lo «stesso procedimento […] che ha seguito Marco Santagata nel suo Meridiano petrarchesco nel riferirsi al testo di Contini».

Su queste basi, la polemica potrebbe essere ricondotta all’opposizione, che anche Mariotti mette in rilievo, tra edizioni erudite ed editoria popolare. Purtroppo le cose non stanno così. Mariotti ha ragione a sottolineare la specificità dei due livelli editoriali.

Alain-Philippe-SegondsMa nel caso dei dialoghi bruniani, Ciliberto ha usato questo argomento solo come un alibi per giustificare l’«assorbimento» dei testi di Aquilecchia nel «suo» Meridiano. La prova conclusiva è data proprio dal Meridiano petrarchesco citato da Ciliberto. Qui Santagata, oltre a segnalare con chiarezza l’utilizzazione del testo critico di Contini, fornisce una lista dettagliata delle sue modifiche.

Due Meridiani, due stili di intervento opposti. Quello di Santagata, nel pieno rispetto del lavoro di Contini. Quello di Ciliberto, senza riguardo per il cinquantennale lavoro di Aquilecchia.

Qui non è in gioco l’opposizione tra editoria accademica ed editoria popolare (i Meridiani ospitano anche testi di rigore ineccepibile curati da Segre o da Branca). Anche l’«editoria di massa» (ammesso che i Meridiani possano farne parte) prevede il rispetto della filologia (non ci si improvvisa editori di testi) e della deontologia (non si usano formule ambigue che non riconoscono chiaramente il lavoro altrui).

Ecco perché, per distinguere l’incauto «novizio» dal filologo, si è talvolta costretti ad indicare i curatori, con e senza virgolette.

ALAIN SEGONDS

Il parere di Jean Rocchi

Il me semble que si Giordano Bruno

pouvait lire ces pages il aurait un petit sourire de mépris. Comment ces docteurs ne craignent-ils pas d’être assimilés à ces personnages dont le Nolain disait que Saturne leur a pissé l’intelligence sur la tête et les neuf compagnes de Pallas leur ont vidé dans les méninges, entre pie-mère et dure mère, une corne d’abondance verbale et qu’il est donc bien naturel qu’ils se promènent avec tant de majexté, le buste droit, la nuque raise, en examinant les alentours avec une arrogante modestie. Trop de spécialistes se figurent que l’oeuvre du Philosophe est une chasse gardée. Ils défendent la pureté originelle de ses écrits, comme d’autres les saintes Ecritures et veillent au respect de la grammaire en négligeant bien trop le sens.

Jean Rocchi
Jean Rocchi

Giovanni Bovio a bien raison: Bruno n’appartient pas aux philosophes de profession, à ceux qui ne philosophent que pour gagner leur pain ou pour leur place historique dans le grand corps du doctorat. Quand on publie Bruno, quand on écrit sur lui, la décence et le respect exigent me semble-t-il qu’on s’incline et qu’on s’efface. Toute allusion à des droits légaux frise l’indécence. On ne fait pas carrière avec Bruno. Ces gens devraient se réjouir pour Burno qu’on s’inspire de leurs travaux tant que leurs commentaires sur le fond  ne sont pas trahis. Il devraient méditer ces mots du Nolain: Quand on a osé faire de la science trafic et industrie, la sagesse et la justice ont quitté la terre.

Et s’ils ont des problèmes relationnels qu’ils renfournent leurs rapières, se téléphonent, essaient de communiquer, à la rigeur s’affrontent à bras le corps en privé et non sur la place publique! – Jean Rocchi

“Furori e dialoghi fuori posto”

Con questi tre interventi si conclude su “il manifesto” la “querelle” attorno al Meridiano della Mondadori sulle opere di Giordano Bruno. Sono i testi di Alain Segonds, delle edizioni Belles Lettres, di Giovanni Aquilecchia, curatore della pubblicazione delle opere di Giordano Bruno per la stessa casa editrice, e di Michele Ciliberto, curatore del Meridiano in discussione. In precedenza su “il manifesto” sono apparsi articoli di Gian Carlo Ferretti e Alberto Burgio il 29 giungo, seguiti da una intervista a Michele Ciliberto il 30 giugno.

MICHELE CILIBERTO, 

privo di argomenti solidi e seri, continua a creare confusione senza rispondere chiaramente alle accuse che gli vengono mosse a proposito dell’incriminato Meridiano della Mondadori sui dialoghi italiani di Giordano Bruno, da lui stesso “curato”.

Messo con le spalle al muro,

dalle schiaccianti argomentazioni di Alain Segonds, ammette tardivamente su la Repubblica del 4 maggio di aver riprodotto la mia edizione critica dei dialoghi italiani di Bruno – pubblicata a Parigi da Les Belles Lettres nella collana delle Opere complete, diretta da Yves Hersant e Nuccio Ordine – per offrire ai lettori “il miglior testo possibile”.

A distanza di qualche settimana, invece, nell’intervista rilasciata venerdì scorso a questo giornale (29 giugno) in risposta alle chiare e inconfutabili accuse di Gian Carlo Ferretti, Ciliberto si pente e mi attacca, avanzando irrilevanti osservazioni sulla mia edizione, con particolare riguardo al testo de Gli eroici furori.

Questa evidente contraddizione,

frutto dell’imbarazzo di chi vuole nascondersi dietro un dito, esemplifica con chiarezza il comportamento scientificamente non corretto di Ciliberto. Anche nel “suo” Meridiano, infatti, la “Nota sui testi” si fonda su affermazioni ambigue. Qui Ciliberto dichiara di aver utilizzato la mia edizione Belles Lettres “come testo di riferimento”, annunciando subito dopo di aver operato correzioni.

“Correzioni”

di cui però non fornisce la lista, venendo meno a una delle regole che la serietà scientifica impone a qualsiasi studioso che intervenga sul testo di un altro. E per creare ulteriori confusioni, nella sezione bibliografica del Meridiano dedicata alle edizione dei dialoghi italiani di Bruno (p. 1461), vengono citate le edizioni ottocentesche di Wagner e Lagarde, quella di Gentile, ma nessuna menzione è fatta della mia edizione critica Belles Lettres, che il “curatore” ammette di aver utilizzato.

Sugli interventi “filologici”

di Ciliberto ho detto tutto quello che c’era da dire in un saggio di imminente pubblicazione sul Giornale storico della letteratura italiana, dove ho comparato i testi Belles Lettres con i testi del Meridiano, punto per punto, virgola per virgola.

Ho rilevato circa centotrenta errori

(a fronte di una trentina di correzioni di banali refusi), di cui la metà si ritrovano nel testo de Gli eroici furori, che Ciliberto sbandiera come prova della sua perizia filologica. Se fino al 14 dicembre 1999 (come dichiara la direttrice editoriale della Mondadori, Renata Colorni) i dialoghi italiani di Bruno in corso di stampa erano quelli da me stabiliti per Belles Lettres, avevamo ipotizzato che Ciliberto avesse cominciato a infarcire di errori la mia edizione a partire dal 20 dicembre, data del mio rifiuto ad apporre la firma su testi che non mi erano stati mostrati.

Ma dalle dichiarazioni

rilasciate a Il manifesto, apprendiamo che Ciliberto non ama lavorare durante le vacanze di Natale. Le presunte “correzioni”, quindi, non sono state effettuate in poche settimane, come avevamo presupposto, ma solo nei pochi giorni feriali disponibili tra il 20 dicembre e i primi di gennaio, visto che il Meridiano è stato distribuito in febbraio.

Prova ulteriore, caro Ciliberto, che la tua filologia fa davvero miracoli!

GIOVANNI AQUILECCHIA

Spero sia chiaro una volta per tutte: noi non abbiamo contestato a Michele Ciliberto l’utilizzazione dei testi critici di Belles Lettres. La tutela del diritto d’autore sulle edizioni critiche è una questione di vitale importanza per il destino della filologia che richiederebbe un dibattito a parte.

Abbiamo contestato,

invece, le modalità sul piano scientifico e deontologico con cui Ciliberto ha proceduto all'”assorbimento” dell’edizione francese, senza alcun rispetto per il lavoro di Giovanni Aquilecchia.

Anziché rispondere a queste obiezioni, Ciliberto devia il dibattito su questioni estranee ai fatti di cui stiamo parlando.

Tira in ballo finanziamenti di un comitato,

liti tra baroni (e chi sarebbero i baroni, al di là di Ciliberto stesso?), “l’imperialismo culturale” dei francesi (cosa c’entrano i nazionalismi con una querelle scientifica?), la gelosia per il successo commerciale del “suo” Meridiano edito dalla Mondadori (come se la buona filologia potesse essere pesata con la bilancia del mercato).

E, per far credere che le sue siano pratiche correnti,

arriva perfino ad accusarmi di essermi comportato come lui nel tradurre in francese il processo di Bruno a cura di Firpo. Cosa c’entra questa traduzione (per cui Belles Lettres ha pagato i diritti e dove a Firpo viene riconosciuto il suo legittimo lavoro) con l’operazione di mascheramento dei testi di Aquilecchia compiuta nel Meridiano?

Gli argomenti utilizzati da Ciliberto rivelano su che basi si fondino la sua scienza e la sua perizia filologica.

Così come l’attacco a Belfagor testimonia il fastidio per chi ha ancora il coraggio di fare battaglie etiche e civili, rompendo il muro dell’omertà accademica.

Di fronte a questi eventi, piuttosto che preoccuparsi del destino di Belfagor, sarebbe più opportuno preoccuparsi del destino dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento che da qualche anno, dopo il magistero di Garin e di Vasoli è passato nelle mani di Ciliberto, protagonista di siffatte imprese. Sic transit gloria “instituti”!

ALAIN SEGONDS

Obietto:

  • 1) Sul fatto di aver usato, nel Meridiano, quello di Aquilecchia come “testo di riferimento” Segonds continua a menar scandalo, stravolgendo “riferimento” in “assorbimento” e parlando, addirittura, di una mia mancanza di rispetto per il lavoro di Giovanni Aquilecchia. Quanto al mio procedimento, è lo stesso che, senza sollevare obiezioni, ha seguito, ad esempio, Marco Santagata nel suo Meridiano petrarchesco riferendosi al testo di Contini. Quanto al mio rispetto per Aquilecchia, nel ’96 gli ho dedicato la mia Introduzione a Bruno.
  • 2) Quando mi sono riferito al testo di Firpo, e al fatto che Segonds non cita Quaglioni, alludevo al lavoro di Quaglioni come curatore del volume L. Firpo, Il Processo di Giordano Bruno. In termini assai critici di questo parla ora J.L. Fournel in una nota di imminente pubblicazione anche in Italia. Quanto al metodo di Segonds, constato che egli interviene nel testo stabilito da Firpo, cambiando la punteggiatura ed eliminando una integrazione dell’editore (p. 381): come ho fatto io in rapporto al testo dei Furori.
  • 3) Considerando gli “argomenti” di Segonds mi persuado sempre di più che alla base dell’atteggiamento violento delle Belles Lettres ci sia l’eccezionale successo del Meridiano e che questa polemica così infuocata sia l’unico modo che esse hanno per far parlare ancora della loro edizione nel nostro paese.

Ad Aquilecchia obietto e spiego:

  • 1) Se ho usato quello di Aquilecchia come “testo di riferimento”, è perché lo ritenevo e lo ritengo oggi il migliore; ma ciò non implica che esso sia privo di mende e imperfezioni (come dimostro nell’articolo in corso di stampa sulla Rivista di storia della filosofia). A proposito delle scadenze dicembrine su cui Aquilecchia insiste, egli continua a confondere tempi dell’editore (Mondadori) e tempi del curatore, fino all’assurdo. Aquilecchia sa benissimo che nei punti dei Furori in cui mi sono discostato dal suo testo, ho tratto le conclusioni di un lavoro decennale mio e dei mie allievi. Lavoro di cui egli stesso si è giovato nella edizione delle Belles Lettres.
  • 2) Non ho fornito la lista degli interventi perché quella del Meridiano è una edizione divulgativa, destinata ad un largo pubblico. Ho citato l’edizione di Aquilecchia sia nel luogo più solenne, nella nota sui testi, sia nella sezione dedicata alle traduzioni: se l’avessi citata nuovamente anche fra le edizioni, avrei menzionato lo stesso testo tre volte nel medesimo volume.
  • 3) Leggerò l’intervento di Aquilecchia da tempo annunciato, anche se non apprezzo la filologia del “pallottoliere”. Sono curioso di vedere quali siano i cinquanta errori individuati nei primi cinque dialoghi, dal momento che, per quanto riguarda questi testi, sono intervenuto in un solo luogo del De infinito. Cinquanta errori, con un solo intervento specifico!
    Ma è un “miracolo-miracolo”, avrebbe detto il grande Troisi.

Peccato – lo dico sia come italiano sia come studioso del Nolano – che il quarto centenario della morte di Bruno continui ad essere macchiato da una polemica così incomprensibile e così volgare. Sia Bruno che il Meridiano meritano di meglio.

MICHELE CILIBERTO

“Furori” fuori posto

“Il Meridiano Mondadori su Giordano Bruno continua a far discutere. Parla il curatore Michele Ciliberto”

La pubblicazione del Meridiano Mondadori dedicato a Giordano Bruno ha dato vita a una accesa discussione, che ha coinvolto non solo il curatore, ma anche la legittimità di un’operazione editoriale sicuramente ambiziosa. Alle accuse rivolte a Michele Ciliberto, il curatore a più volte risposto. Dopo l’articolo di Giancarlo Ferretti – pubblicato su il manifesto del 29 giugno – in cui l’autore annunciava la ripresa della polemica sulle pagine della rivista Belfagor, abbiamo chiesto a Michele Ciliberto di rispondere.

Giancarlo Ferretti nel suo articolo dice che secondo Giovanni Aquilecchia e Alain Segonds – curatore, il primo dei dialoghi di Giordano Bruno, direttore della casa editrice Les Belles Lettres che ha pubblicato in Francia le opere di Bruno, il secondo – il tuo Meridiano è fatto in modo “scorretto” e “ambiguo”.

Cosa rispondi a questa critica?
Che è priva di qualunque fondamento. Noi abbiamo lavorato in questo modo: non avendo alcuna intenzione di presentare una nuova edizione critica dei dialoghi italiani di Bruno, abbiamo assunto come testo di riferimento quello edito da Aquilecchia, facendo le correzioni che ci sono parse opportune. In altre parole ci siamo regolati come si fa sempre in casi come questi: lo ha fatto anche Segonds pubblicando in traduzione francese il processo di Bruno, a cura di Luigi Firpo (e di Diego Quaglioni, anche se Segonds si “dimentica” di citarlo). In modo particolare siamo intervenuti nel caso degli Eroici Furori. E per un motivo preciso, che voglio dire. Si tratta di un volume pieno di mende e imperfezioni, il peggiore fra i volumi bruniani pubblicati dalle Belles Lettres.

Perché un giudizio così netto?

Come ho mostrato in un articolo che uscirà nel numero in corso di stampa della Rivista di storia della filosofia, ci sono almeno tre cose da rilevare criticamente: anzitutto, in alcuni luoghi importanti, non c’è rapporto fra la nota filologica di Aquilecchia e il testo che egli stabilisce; non c’è poi relazione costante tra testo critico curato da Aquilecchia e traduzione francese, che infatti non riprende innovazioni critiche significative del nuovo testo pubblicato a fronte; infine ci sono proposte testuali non convincenti che noi abbiamo corretto.

I tuoi critici affermano che avresti lavorato in fretta. Cosa hai da dire in proposito?

Io e miei allievi lavoriamo da anni al testo e al commento dei Furori. Ne abbiamo pubblicato due edizioni: la prima nel 1995, presso Laterza (a cura di S. Bassi) e la seconda nel 1999 presso Rizzoli-Bur (a cura di N. Tirinnanzi).

Tutto si può dire in questo campo di studi, fuorché che abbiamo improvvisato. Personalmente lavoro a Bruno dal 1968, e su Bruno, oltre a un Lessico, ho pubblicato quattro monografie.

Non è vero, allora, che avete lavorato a Natale con le biblioteche chiuse?
Veramente a Natale ho festeggiato; normalmente lavoriamo nei giorni feriali. Piuttosto avrei da dire un’altra cosa.

Cosa?

A proposito degli effetti della fretta di cui si parla: nelle prime copie dei Furori pubblicati dalle Belles Lettres, il nome di Aquilecchia era addirittura sparito. E’ stato aggiunto con una “pecetta” in un secondo momento. Essendo bibliofilo, posseggo copie di entrambi gli esemplari: quello col nome di Aquilecchia, e quello senza. Forse in questo caso erano chiuse le tipografie, non le biblioteche.

Ma qual è il senso di questa polemica così violenta?

Credo confluiscano più ragioni. Anzitutto, c’è un conflitto tra editori: il Meridiano ha tirato in tre mesi tre edizioni, con un successo assolutamente imprevedibile anche da parte dell’editore. Comunque sui conflitti e sui rapporti fra editori io non intendo intervenire in alcun modo: non sono di mia competenza, anche se su questo punto si continua, a sproposito, a confondere le acque. Mi chiedo poi se non ci sia una pretesa di “imperialismo culturale” da parte dei francesi, i quali si adontano se altri pubblicano con successo testi bruniani.

Non bisogna poi dimenticare che questo è l’anno del quarto centenario della morte di Giordano Bruno, con tutto quello che questo può significare. Poi c’è il gusto per lo scandalo, tutto nostro. Credevo si limitasse ai giornali, vedo che ora coinvolge anche una rivista come Belfagor, che pur ha avuto un suo ruolo nella cultura italiana. Sic transit gloria mundi.

Alfonso M. Iacono

“Le fiamme accesero un mito”

 Dopo tante celebrazioni, quel che rimane latitante è l’uso politico “alto” dell’opera di Giordano Bruno.
Una polemica arroventata si è accesa, invece, sulla edizione Mondadori dei “Dialoghi”, frettolosa e colma di errori

Non sarebbe stato male se, nell’anniversario del rogo di Campo dei Fiori, qualcuno si fosse ricordato di quel micidiale corsivo di Togliatti rivolto a monsignor Olgiati dalle colonne di “Rinascita” cinquant’anni fa.

Giordano Bruno vi era definito, con vibrante passione, “padre” del popolo italiano, simbolo di libertà e di intransigente coerenza anche per quanti nulla conoscono del suo pensiero. Erano altri tempi, ovviamente.

Non solo per il diverso atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche, oggi finalmente disposte a un primo timido ripensamento critico del proprio passato. Ma anche, soprattutto, per la sopravvenuta indifferenza della cultura “laica” di questo paese, in tutt’altre faccende affaccendata. Quelle pagine restano comunque un insegnamento, fulminanti nella loro concisione, irriverenti, maramalde, giocose come il tema stesso richiedeva.

“Monsignore egregio, veramente Ella ha fatto troppo onore alla rivista ch’io dirigo e alla mia persona modesta”. Quindi giù colpi di fioretto e di sciabola, che, a ripensare al povero Olgiati, accade persino di provare un moto di solidarietà.

“Rilegga a mente calma e sensi riposati, e ci rifletta”. A che cosa? Al fatto che Giordano Bruno effettivamente è tra quanti “hanno aperto la strada” del mondo moderno. Per ciò che disse, intanto (l’idea che nessuna autorità umana o divina abbia titolo per interdire la ricerca del vero; quindi la convinzione che la scissione tra materia e forma sia uno schema astratto, un impedimento alla comprensione dell’unità reale del mondo e del suo continuo mutamento); per il modo e la passione con cui lo disse, soprattutto, scegliendo di morire (“martire della filosofia” lo definirà Hegel) pur di non rinnegare le proprie convinzioni.

E qui Togliatti non badava a spese. “Di lì siamo passati e non potevamo non passare, perché di lì è passata la ragione umana”. Rifiuto dell’autorità e delle consuetudini, entusiasmo dionisiaco per l’avventura intellettuale, sentimento incoercibile della dignità del vivente, passione per il nuovo e per la ricerca della verità: “Celebriamolo, dunque: egli è uno dei nostri padri e ogni volta che a lui ritorneremo, più forte e meglio sentiremo quanto gli dobbiamo”.

Altri tempi davvero. Quest’anniversario non sta passando invano, sia ben chiaro. Sono stati organizzati convegni, spettacoli, concerti e una importante mostra documentaria; hanno visto la luce o saranno presto pubblicati testi critici e biografie ed edizioni bruniane di notevole rilevanza.

Ma è un fatto che proprio l’uso politico dell’opera e della figura di Bruno è sin qui mancato, quell’uso politico alto che, almeno in questo caso specifico, coincide con la messa a valore di una eredità e con il suo non archeologico riconoscimento. In compenso non sono mancate dispute e polemiche, delle quali in verità non si avvertiva il bisogno.

In particolare il dibattito si è acceso, raggiungendo toni arroventati, intorno al “Meridiano” che raccoglie e commenta, a cura di Michele Ciliberto, i Dialoghi filosofici italiani: della polemica si occupa nel’articolo qui accanto Gian Carlo Ferretti.
Se poi al silenzio delle passioni e degli interessi dovesse fare séguito una pausa di riflessione “a mente calma e sensi riposati”, tanto di guadagnato.
Ciliberto è stato accusato di essersi indebitamente appropriato del testo critico stabilito da un altro illustre brunista, Giovanni Aquilecchia.

La tesi a sostegno dell’accusa è, all’apparenza, lineare e potente. Aquilecchia non ha dato l’assenso alla pubblicazione del testo; la Mondadori ha proceduto nonostante il rifiuto: legittima dunque l’ira, sembra di poter concludere, e legittima anche l’imputazione, se non nei toni (si è parlato di “pirateria legale”, di “mal dissimulate scorciatoie”, persino di “filologia da fast food), certo nella sostanza.

Se la disputa si è fermata al terreno della polemica giornalistica senza varcare la soglia delle corti di giustizia, non per questo – verrebbe da pensare – la colpa è meno grave: chi considererebbe con simpatia l’autore di un plagio, colui che si impossessa con disinvoltura – così si è detto – del frutto di un “lavoro di ricerca semisecolare”?
Un veto violato, questa dunque la colpa. Ma un veto da chi posto? E perché? E poi: un veto possibile? Un veto consueto? Lasciamo andare il fatto – che pur conta – che il curatore di una edizione divulgativa (in questo caso Ciliberto) non può essere tenuto responsabile delle relazioni che il suo editore (qui la Mondadori) intrattiene con altri in tema di diritti d’autore.

Compito suo è scegliere il testo filologicamente più attendibile; dire da che mani proviene (e Ciliberto questo fa, dichiarando di avere “scelto come testo di riferimento l’edizione dei dialoghi italiani curata da Giovanni Aquilecchia” presso le Belles Lettres); quindi offrirlo al pubblico aggiungendovi quanto ritiene utile – introduzione, commento, indici, bibliografia – a una sua più agevole lettura. E tuttavia – si dirà (si è detto) – Ciliberto sapeva della non disponibilità di un altro studioso a concedere il testo: perché non ne ha tenuto conto?

Qui sta evidentemente il nodo, e l’unico punto d’interesse della disputa, di per sé alquanto malinconica. Non so se chi, nell’ultimo quarto di secolo, ha pubblicato in toto o in antologia i Quaderni di Gramsci, abbia ogni volta bussato alla porta di Gerratana, a impetrarne il consenso.

Ma, almeno per quanto riguarda la mia esperienza diretta, che quando capitò a me di curare un’edizione commentata di Beccaria (Dei delitti e delle pene), la mia preoccupazione fu d’indicare la fonte critica del testo (l’edizione Francioni, nella fattispecie), non certo di aprire una contrattazione.

La quale avrebbe avuto d’altronde un ben curioso aspetto, giacché avrebbe conferito al filologo una paternità (e proprietà) del testo che, se le parole hanno un senso, riguarda solo chi il testo ha concepito e scritto, non quanti vi hanno successivamente lavorato al fine di restituirlo alla forma originaria.

E del resto, vorrà pur dir qualcosa che una polemica come questa divampata intorno al “Meridiano” di Bruno non abbia precedenti. Delle due l’una: o in passato vigeva un diverso grado di liberalità, del cui desolante eclissarsi l’odierna polemica è segno; o ci si è sin qui sempre regolati in altro modo, ritenendo che ufficio delle edizioni critiche sia proprio offrire una base testuale certa al lavoro di diffusione dei testi e della cultura.

Ma basta così. Altro che padri e martiri ed eroi del nuovo! I tempi ci regalano un’aggressione di inconsulta violenza (si è gridato allo scandalo, si è parlato di immoralità e di truffa) perché si sono pubblicati testi bruniani in una edizione di enorme tiratura che l’eretico frate non avrebbe mai immaginato (pare si siano vendute già settemila copie dei Dialoghi, e chissà che non sia proprio questa una chiave della lite).

Meglio tornare a Togliatti e al buon Olgiati, che per lo meno si urtavano per nobili ragioni. “La parte avanzata del popolo, non vi è dubbio, ha fatto suo Giordano Bruno, anche senza nulla sapere del suo pensiero, ma solo conoscendo il martirio che voi gli avete inflitto”, scriveva implacabile il primo. Inducendo forse, nel secondo, un dubbio sulla opportunità di fiamme che spensero una vita per accendere un mito di inesausta potenza.

Alberto Burgio

Il “Meridiano” dedicato a Giordano Bruno nato tra furbate e sciatterie

Che il recente Meridiano Mondadori dedicato a Giordano Bruno, nascondesse un’operazione editoriale quanto meno frettolosa e maldestra, lo si era già capito dal dibattito tra i diretti interessati e altri studiosi sul Corriere della Sera e su la Repubblica.

Ora poi una lettera aperta (che uscirà sul numero di luglio di Belfagor) chiarisce ulteriormente le cose. Ne è autore Alain Segonds, direttore della casa editrice Les Belles Lettres, che ha pubblicato tra il 1993 e il dicembre ’99 l’edizione bilingue (testo critico e traduzione francese) delle opere italiane di Giordano Bruno, e in particolare quei dialoghi curati da Giovanni Aquilecchia che il Meridiano mondadoriano ha fatto propri. Segonds chiarisce subito che la casa editrice francese non ha mai contestato l’uso del testo critico di Giovanni Aquilecchia, da parte del curatore del Meridiano Michele Ciliberto, anche perché in Europa sul piano giuridico il testo critico non è protetto dal diritto d’autore.

Quelle che Aquilecchia e Segonds invece contestano, sono “le modalità scientificamente scorrette e ambigue con cui ciò è avvenuto”.

Segonds ricorda che nella “Nota sui testi” del Meridiano, Ciliberto scrive: “Per il presente volume abbiamo scelto come testo di riferimento l’edizione dei dialoghi italiani curata da Giovanni Aquilecchia (G. Bruno, Oeuvres complètes, Paris, Les Belles Lettres, 1993-1999).

Tutti i testi sono stati riscontrati in modo sistematico con le prime stampe, ed emendati da refusi e imperfezioni che, in alcuni casi, ne compromettevano il senso”. Il lettore ne deduce inequivocabilmente, che il testo di Aquilecchia è servito soltanto da base di partenza, per arrivare a un testo migliore. Mentre in realtà le cose stanno assai diversamente.

Segonds anticipa infatti su Belfagor le linee di un ampio studio di Giovanni Aquilecchia, destinato al Giornale storico della Letteratura italiana, nel quale si mettono a confronto l’edizione delle Belles Lettres e quella della Mondadori, con risultati “non certo scientificamente confortanti per Ciliberto.

I testi bruniani del Meridiano, infatti, risultano infarciti di circa 130 interventi erronei o inopportuni, a fronte di una trentina di correzioni di banali refusi. Nel Meridiano insomma, viene riprodotta l’edizione Belles Lettres in una versione peggiorata!”.

Segonds si addentra anche nei retroscena dell’operazione, dei quali basterà qui ricordarne uno fondamentale. Il 20 dicembre 1999, a poca distanza dall’uscita dei dialoghi in edizione francese, Aquilecchia riceve una lettera della Mondadori, nella quale si annuncia che è in corso di stampa un Meridiano dedicato a Bruno e contenente i testi dell’edizione critica da lui curata, e nella quale lettera altresì si offrono “quattro copie in omaggio del volume in cambio del suo assenso”.

Più che un assenso formale in realtà, superfluo agli effetti giuridici, si chiede verosimilmente un avallo personale. Messo di fronte al fatto compiuto e vistosi negare “per ragioni di tempo” dalla Mondadori la possibilità di controllare l’edizione, Aquilecchia può soltanto rifiutare il suo avallo e la sua firma. Se si considera che il Meridiano è stato distribuito nelle librerie in febbraio, è fin troppo facile capire che l’operazione mondadoriana è stata condotta “durante le vacanze di Natale, in pochi giorni e con le biblioteche chiuse”.

Un’edizione che richiederebbe il massimo rigore, in sostanza, è stata trattata con la fretta di un periodico di attualità.

Al di là dell’episodio, resta aperto il problema giuridico generale. Come ha osservato Michele Feo sul numero di aprile del Ponte, a proposito delle edizioni petrarchesche, “sostenere che il testo critico sia proprietà di tutti”, quando si tratta di autori vissuti secoli fa e perciò fuori diritti, “è un errore della ragione il quale ha riflessi perversi sul diritto di proprietà letteraria. (…) La verità è che il testo critico appartiene al filologo almeno quanto appartiene all’autore, se non forse più”.

Anche per avere il filologo dedicato anni della sua vita alla cura di quel testo.

Giancarlo Ferretti

«PERCHE’ CONTESTO IL MERIDIANO SU GIORDANO BRUNO»

DISPUTE:  Giovanni Aquilecchia replica a Michele Ciliberto sull’ultima edizione critica dei testi del filosofo di Nola

Con il suo intervento sul Corriere di domenica scorsa su Giordano Bruno, Michele Ciliberto sposta l’attenzione dalla questione principale a temi marginali.
Cercherò di rispondere, riconducendo il dibattito alle questioni di fondo che riguardano la presentazione dei testi bruniani nell’«incriminato» Meridiano Mondadori, da lui «curato».

Non riesco a convincermi che la dichiarazione «abbiamo scelto come testo di riferimento l’edizione dei dialoghi italiani curata da G. Aquilecchia» possa indicare con chiarezza che Ciliberto abbia riprodotto esattamente il mio testo.

A verifica di ciò qualsiasi lettore potrà aprire il «Meridiano» e constatare che nella sezione dedicata alle edizioni dei dialoghi italiani figurano quelle di Lagarde, di Wagner, di Gentile ma non quella da me curata per Belles Lettres. L’edizione Les Belles Lettres viene inserita, invece, nella sezione dedicata alle traduzioni francesi di Bruno.

Scelta in perfetta sintonia con tutti i saggi critici di Ciliberto, in cui le citazioni bruniane non vengono mai effettuate dalla mia edizione.

Per quanto riguarda i «miglioramenti» annunciati da Ciliberto, ma non elencati nel suo «Meridiano», ho constatato che si tratta (a eccezione di qualche banale refuso da lui corretto) di interventi peggiorativi, ampiamente documentati in un mio saggio di imminente pubblicazione.

Del resto, questi «interventi» sono stati effettuati tra il 20 dicembre 1999 (data del mio rifiuto ad apporre il mio nome sul «Meridiano») e, presuppongo, i primi giorni di gennaio 2000, visto che il volume è stato distribuito in febbraio. E inoltre: se la decisione di «utilizzare» il testo Belles Lettres fu presa «subito» da Ciliberto, perché non ne fui informato allora, ma solo a stampa virtualmente ultimata?

Questi sono i fatti a cui Ciliberto purtroppo non risponde.

Per quanto riguarda poi i firmatari della lettera di protesta e dei messaggi di solidarietà, mi sembra inutile ribadire che si tratta di studiosi di rinomanza mondiale come Nicola Badaloni, Alfonso Ingegno e il russo Aleksandr Gorfunkel.

Un’ultima annotazione. Avendo già compilato la comparazione filologica tra i testi Belles Lettres e quelli Mondadori, ripudio l’esibizionismo pubblico suggeritomi da Ciliberto: la filologia, come pure la filosofia, si fa sui libri e sulle carte, non sui palcoscenici.


Giovanni Aquilecchia

“Troppi inutili furori per Giordano Bruno”

“Ho preso come testo di riferimento quello pubblicato dalle Belles Lettres.”

Nelle dichiarazioni rilasciate ad Enzo Marzo nell’articolo pubblicato dal Corriere della Sera di ieri, Giovanni Aquilecchia manifesta dolore e sdegno per due motivi: perché nel Meridiano Mondadori da poco uscito (Giordano Bruno, Dialoghi filosofici italiani) sarebbe stata subdolamente utilizzata la sua edizione senza dirlo in modo palese; perché la sua edizione sarebbe stata, oltre tutto, peggiorata.

Vorrei chiarire che non c’è alcun motivo né per dolersi né per sdegnarsi, se si guarda alla forma e alla sostanza delle cose.

  1. Quando la Mondadori mi ha offerto di curare un volume dedicato ai dialoghi italiani di Bruno ho proposto, subito, che fosse utilizzato il testo di Aquilecchia, ritenendolo il migliore oggi disponibile;
  2. Ho dichiarato in modo formale di assumere quello di Aquilecchia, pubblicato dalle Belles Lettres, come «testo di riferimento» (p. LXXXV), precisando di essere intervenuto: a) per togliere i «refusi» individuati; b) per aggiornare la «punteggiatura», tenendo conto che il volume è destinato a un largo pubblico; c) per evitare quelle che, a mio avviso, erano «imperfezioni» dal punto di vista della costituzione del testo (nel caso dei Furori, segnalandolo in nota, ho accolto due lezioni già confluite nella edizione del dialogo da me curata per l’editore Laterza nel 1996).
  3. Possono essere interventi peggiorativi — come, a differenza di me, pensa Aquilecchia — ma da nessuna mia dichiarazione — né dal tipo di interventi fatti — si può, in alcun modo, dedurre che io abbia presentato una nuova edizione critica dei dialoghi di Bruno.
  4. Per quanto riguarda il rapporto fra autore ed editore critico di un testo — problema che ha aleggiato in questa polemica — sono comunque convinto che il primo — da Gentile ed Aquilecchia — sia parte della «fortuna» del secondo, senza mai identificarsi, sic et sempliciter, con l’autore in quanto tale.
  5. Precisato questo, mi preme anche sottolineare che l’originalità di questo Meridiano è costituita anzitutto dal commento che l’accompagna (500 pagine su 960 di testo) e dagli altri «strumenti» che lo corredano.

Questa è la sostanza delle cose, né mi pare che aiutino a chiarirla «lettere di solidarietà» firmate, in qualche caso, da persone che non hanno alcun rapporto con gli studi bruniani; né comprendo, sul piano della discussione scientifica, il significato di interventi di questo tipo, che vogliono solo creare inutili scandalismi.

In ogni caso, come ho detto a Enzo Marzo, sono pronto a discorrere pubblicamente con Aquilecchia, dove e quando voglia, sia del suo lavoro che di questo Meridiano.

Michele Ciliberto

Giordano Bruno e la filologia fast food: un conflitto internazionale

“L’estensore del testo critico, Aquilecchia, protesta contro Ciliberto, che ha curato l’edizione Meridiani Mondadori.
E ora arriva un appello di diciannove studiosi, dall’Italia alla Gran Bretagna.”

“Ultimo bollettino di guerra sullo scontro internazionale che sta movimentando il quarto centenario della morte tragica di Giordano Bruno. Un gruppo che comprende filologi e studiosi di Bruno di tutto il mondo ha detto la sua, e con molta durezza, sulla polemica tra gIi editori Belles Lettres e Mondadori, o meglio tra Giovanni Aquilecchia e Michele Ciliberto. Dando piena solidarietà ad Aquilecchia. Ma veniamo ai fatti. Il 17 febbraio, infausta data del rogo di Bruno, Mondadori fa uscire un volume, curato da Ciliberto, con i Dialoghi filosofici italiani del martire nolano. Avranno un successo di vendita inaspettato.

Ma subito arriva la protesta violentissima sia di Aquilecchia (unanimemente riconosciuto come il più autorevole studioso bruniano) sia di Belles Lettres, che in Francia sta completando l’edizione critica di tutte le opere. Alain Segonds, di Belles Lettres, accusa di “pirateria” Mondadori, visto che ha fatto suo il testo critico di Aquilecchia e ha presentato l’edizione concorrente come “una semplice traduzione francese” e non come l’unica edizione critica esistente. Il comportamento della Mondadori è  giudicato “scandaloso e sconveniente, anche se giuridicamente inattaccabile”.

La vittima, Aquilecchia, nel frattempo si mostra molto addolorato, si sente derubato – come ci dichiara da Londra -“di un lavoro di ricerca semi-secolare”, e racconta che alla fine di dicembre la Mondadori l’ha contattato con una lettera in cui gli si comunicava che era in uscita un Meridiano dedicato a Bruno col testo da lui stabilito per Belles Lettres e che “se vuole vede re il suo nome stampato nel frontespizio del volume deve inviare il suo consenso a stretto giro di posta”. Ovvia mente Aquilecchia, che è studioso serio, risponde di non sentirsela di firmare un volume neppure visto.

Questa versione è confermata con molta onestà dalla Mondadori, che ammette d’aver accumulato ritardi che hanno impedito un comportamento diverso. Così il libro esce ugualmente. Ciliberto, a pagina 85, scrive d’aver “scelto come testo di riferimento l’edizione” di Aquilecchia-Belles Lettres, aggiungendo, però, che “tutti i testi sono stati riscontrati in modo sistematico” ed “emendati da refusi e imperfezioni”.

Per Aquilecchia è veramente troppo. Non solo si sente “rapinato”, ma addirittura si mette in discussione la sua autorevolezza di filologo. E risponde da filologo, riesaminando minuziosamente i due testi. Uscirà presto un suo saggio di cinquanta pagine con il verdetto finale. E noi siamo in grado di anticiparne le conclusioni: ” Dall’analisi comparativa risulta un totale di centotrenta interventi “negativi” di contro a non più di trenta giustificabili (nella quasi totalità correzioni di banali lapsus tipografici)“.

Aquilecchia denuncia quindi un peggioramento. Il vecchio maestro ha parole dure per Ciliberto, “il quale non necessitava di mettersi in una tale incredibile situazione”. “Dispiace -aggiunge – soprattutto per i giovani studiosi, ai quali non può certo giovare il modello di mal dissimulate scorciatoie.

Con minore diplomazia Nuccio Ordine, il responsabile dell’edizione critica in terra di Francia, parla di “filologia da fast food, da Mc Donald”.

Da una parte “cinquanta anni di lavoro” e dall’altra “qualche giorno di bricolage”. In questo clima tempestoso arriva il documento internazionale: solidarietà piena ad Aquilecchia; riconoscimento che “l’edizione Mondadori non ha preso il testo Belles Lettres come “testo di riferimento” ma come fonte diretta”; denuncia d’una “manovra – legale forse, ma immorale – di cui il principale responsabile è un collega”.

E giù diciannove firme molto illustri, da Giorgio Barberi Squarotti (Torino) a Nicholas Mann (Londra), da Yves Hersant (Parigi) a Miguel Angel Granada (Barcellona), fino a professori cinesi e giapponesi. Insomma la guerra ormai è mondiale. Il grande accusato, Ciliberto, trova la polemica “pretestuosa e gratuita: quando ho scritto di scegliere come testo di riferimento il lavoro di Aquilecchia, non ho detto di presentare una nuova edizione critica, ho fatto solo dei miglioramenti.

Sono disposto, dove e quando Aquilecchia voglia, a discutere pubblicamente del suo lavoro e del mio volume”.

Enzo Marzo